I Forest Green Rovers e il valore psicoterapeutico del calcio
di FRANCESCO MAFERA
Potrà sembrare insolito a prima vista, ma il legame tra sport e benessere psicologico è sempre più al centro dell’attenzione di medici e professionisti della salute. Lo abbiamo visto negli scorsi mesi nel nostro paese con la nascita della nuova piattaforma Serenis, partner della passata stagione del Pisa Sporting Club in un connubio che adesso sta avendo risvolti importanti anche oltre confine. Una testimonianza importante ci giunge da oltre manica ed è quella del medico britannico Michael Opher a fianco di un progetti importanti. Un professionista molto attivo nel campo della psicoterapia e secondo il quale non esiste un’unica soluzione valida per tutti quando si parla di disturbi dell’umore. Tuttavia, alcune iniziative possono offrire un valido sostegno, soprattutto nei casi meno gravi come quello che stiamo per raccontarvi.
L’iniziativa dei Forest Green Rovers
A partire dalla prossima stagione calcistica, nel Regno Unito prenderà il via un progetto innovativo: molti pazienti affetti da depressione potranno ricevere gratuitamente dei biglietti per assistere alle partite del Forest Green Rovers, club che milita nella quinta divisione inglese.
Sarà dunque ancora una volta la base del movimento calcistico ad essere di esempio per far da traino positivo e sensibilizzare alla cultura del sostegno, in questo caso psicologico, per le persone in difficoltà.
Medici e infermieri potranno dunque prescrivere il calcio se il paziente e il medico lo riterranno opportuno al fine di aiutare a combattere disturbi mentali o sentimenti di isolamento.
L’idea nasce dal Presidente del sodalizio biancoverde Dale Vince in collaborazione con il Dott. Simon Opher, membro del Parlamento e coinvolge alcuni studi medici a Stroud, nel Gloucestershire.
“Questa idea è nata da conversazioni tra me e Simon (Opher, ndr). È rivolta a tutti coloro che hanno problemi di salute mentale, ma soprattutto agli uomini, che statisticamente sono i più difficili da raggiungere“, ha dichiarato il numero 1 della società che ha già lanciato diverse iniziative con il suo club anche in tema ambientale, come la prima divisa da calcio vegana certificata.
Vince che ha poi aggiunto: “se un sabato pomeriggio una partita di calcio può aiutare qualcuno a sentirsi più connesso e meno solo, allora è un primo passo importante“. Una innovazione assoluta per contrastare quello che da molti è definito come il grande nemico invisibile. Una soluzione per tornare a stare bene diminuendo i farmaci e che concepisce lo stadio come luogo nel quale il cuore riposa e l’ansia scompare.
Il calcio come “prescrizione sociale”
Un tipo di cura da non applicare comunque sistematicamente ad ogni individuo affetto da questa problematica e rivolta principalmente ad una fetta specifica di pazienti: “noi vogliamo occuparci delle persone con una depressione moderata. Si tratta di un modo diverso di curare le malattie mentali che non prevede l’uso di farmaci“. Queste le parole del Dottor Opher, il quale ha poi spiegato i presupposti che hanno condotto alla scelta di questo nuovo metodo: “la ricerca dimostra che l’attività fisica migliora la salute mentale e fisica. Sappiamo anche che l’isolamento sociale gioca un ruolo importante nella vita e che la comunità, la connessione e le esperienze condivise possono aiutare le persone a sentirsi meno sole. Questa iniziativa unisce queste due idee. È una forma di prescrizione sociale, con il calcio come medicina“.
Un’ iniziativa quella pensata dalla società dilettantistica inglese che tra l’altro rientra nel più ampio contesto del social prescribing, ovvero una strategia adottata dal sistema sanitario britannico che mira a proporre soluzioni non farmacologiche per affrontare determinate difficoltà emotive e sociali. In sostanza, si tratta di indirizzare i pazienti verso attività che promuovano la socializzazione, l’empatia e il coinvolgimento, piuttosto che ricorrere esclusivamente a cure mediche tradizionali.
«Andare allo stadio è un’esperienza collettiva e viscerale: ti spinge a gridare, esultare, emozionarti. Per qualche ora ti estranei dai tuoi pensieri e ti lasci coinvolgere da qualcosa di più grande, condiviso. C’è un senso di appartenenza che nasce spontaneamente quando si guarda una partita», ha spiegato Opher in un’intervista a un quotidiano inglese.
Il gioco che vale la candela: un rischio ponderato per la sperimentazione
Un percorso, quello studiato alle alte latitudini d’oltremanica che quindi, mettendo in connessione il mondo scientifico con quello sportivo, espone alla probabilità di incorrere in qualche ostacolo. Magari un rischio, ma pur sempre “calcolato” sul piano della gestione emotiva della persona affetta da disturbi di natura psicologica, per diventare però, anche attraverso la sperimentazione, una valida alternativa della metodologia di cure tradizionali rispetto alle disfunzioni legate alla sfera emozionale e relazionale.
Ovviamente non si tratterà di una soluzione definitiva alla depressione, certo. E questo è presto per dirlo. Ma può rappresentare comunque un primo passo concreto per uscire dall’isolamento e ritrovare un contatto sia con gli altri che con se stessi. Una nuova frontiera della sensibilizzazione e dell’empatia per il rispetto delle difficoltà di chi non deve sentirsi ultimo ma solo compreso. In poche parole: un piccolo gesto che può trasformarsi in un grande inizio.