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Curiosità dai campi

La Curva Sud fa scena muta: il modello americano si fa strada a San Siro. Riflessi e riflessioni.

Redazione Quarto Posto
21 Agosto 2025
  • copiato!

di STEFANO RAVAGLIA

C’ero a Milan-Bari. Perché l’amor non conosce confini, temperature o caratura dell’avversario. C’ero a San Siro, domenica sera, al primo arancio, in quello che è stato ribattezzato “il teatro”. Non bastassero tutte le disavventure milaniste della scorsa annata, se in campo la squadra con Allegri pare aver decisamente voltato pagina, non si può dire lo stesso di ciò che accade fuori. Quest’inverno la mannaia della giustizia ha colpito i direttivi di curva Nord e curva Sud di San Siro, ovvero Inter e Milan. Cinquecento pagine in cui sono raccontate tutte le nefandezze che nulla hanno a che fare con il tifo, ma che non sono materia di questo articolo. Il silenzio delle ultime partite stagionali, la coreografia vietata alla curva milanista nella finale di Coppa Italia con il Bologna.

C’è una evidente frizione in corso tra la proprietà americana del Milan e i suoi tifosi. Dico tifosi, perché non è un fatto che riguarda solo la curva. L’inchiesta sulle due curve milanesi è stata la palla al balzo da cogliere per fare pulizia una volta per tutte, per togliere dalle curve chi ha altri scopi diversi da quello del puro e semplice tifo passionale, si dice. Eh no, non è tutto qui. In questa vicenda che assume contorni grotteschi, con 71.061 persone a San Siro domenica sera che hanno praticamente giocato in trasferta (si sentivano solo i 3.000 del Bari, dato che in curva sud c’era chiunque tranne gli ultras rossoneri) hanno assistito in silenzio a una prestazione pur maiuscola della loro squadra.

Tramite e-mail, il Milan ha nei giorni scorsi avvisato diversi componenti della curva di non essere infatti ospiti più graditi di San Siro. Un voltafaccia e una gestione paradossale di una emergenza che non può essere spiegata solo con i ricatti per i biglietti, con la gestione delle bevande fuori dallo stadio e tutto quanto viene imputato nel faldone d’inchiesta della procura milanese alle curve di Inter e Milan. No: impedire di far abbonare delle persone, vietare il loro ingresso solo perché stato manifestato un dissenso, valica ogni altra cosa. La tifoseria del Milan, a fine stagione, si era radunata a Casa Milan infatti per protestare contro la dirigenza per la pessima annata 2024-25. E nel giorno in cui venivano decise le prime condanne fuori da San Vittore per la questione curve, sempre gli stessi, radunati fuori, dimostravano solidarietà agli imputati. Discutibile tutto, opinabile qualsiasi cosa (francamente chi poteva essere soddisfatto tra i milanisti della scorsa annata?) ma totalmente fuori luogo mischiare le cose e punire solo per la manifestazione di un dissenso.

Credo che in questa vicenda esistano due tronconi da tenere ben distinti: la delinquenza, il ricatto, l’affarismo e quant’altro, che dilania le curve ormai da un ventennio. E che, nel caso del Milan, risale al 2005. Fine della vecchia triade Fossa-Brigate-Commandos nel modo più deplorevole possibile (anche qui, glissiamo, non il caso di raccontare), gente gambizzata, minacciata, risse fuori da San Siro, una lotta intestina, a quanto pare, in cui tutti sono stati sconfitti. Ci ricordiamo della pulizia fatta in curva della Juventus, le vicende dei laziali con Lotito, la curva interista. 

Insomma, cose viste e riviste. Certamente ci sono dei colpevoli, certamente la piega che ha preso il mondo delle curve, un tempo anima della contestazione, del dissenso, baluardo di un calcio sempre più marcio che puntava il dito contro i tifosi senza guardare in casa sua, testimonia la fine di un bellissimo movimento giovanile come lo si è inteso dagli anni Sessanta fino almeno agli anni Novanta prima che repressione, diffide, biglietti nominali, tornelli e tutto quanto (altri interessi curvaioli compresi) rovinassero il giocattolo.

Ma qui no, qui la vicenda supera questi confini. A molte persone del secondo blu, per mai chiariti motivi di ordine pubblico, con lettere indirizzate addirittura alle mogli, è stato impedito di abbonarsi ma resta valido il fatto di prendere un biglietto in altri settori o addirittura nello stesso secondo blu. E già qui c’è la prima anomalia: se sono delinquente, lo sono solo nel secondo blu? Però posso prendere il biglietto? Si è spento il tifo, azzerato il volume. In nome di un progetto che vorrebbe trasformare lo stadio di San Siro nello Yankee Stadium: hot-dog, bibite, silenzio e al massimo qualche sorriso, magari verso la kiss-cam (che di ‘sti tempi ha già fatto pure lei i suoi danni). Il lancio delle magliette tramite dei tubi, stile NBA, a San Siro è già realtà da un po’. Quello che gli americani purtroppo faticano a capire, è che in Italia funziona diversamente: calore, passione, tifo, cori, anche contro gli avversari, sono parte del gioco. A San Siro il secondo anello blu può contente 10.000 persone: è sempre la solita storia, in due andiamo a fare bisboccia, uno dei due ruba la merenda e viene condannato anche l’altro. Punire chi sbaglia, senza generalizzare, questa dovrebbe essere la regola. Ma il piano a quanto pare  è ben diverso. 

Io concordo con l’APA, l’Associazione Piccoli Azionisti del Milan che nel suo comunicato ha toccato con obbiettività tutti i punti denunciando la grande ipocrisia di tutte le parti in causa. Gli americani sono proprietari del Milan da tre anni, eppure solo ora, dopo l’inchiesta partita da Milano, hanno messo mano alla faccenda nel modo più sbagliato possibile, mettendosi contro i propri, stessi tifosi. Anche con Berlusconi e Galliani c’erano contestazioni (nel 2000 fu improvvisata una colletta in via Turati perché il Milan non comprava nessun giocatore, oggi chi era presente quel giorno sarebbe allo stesso modo espulso dallo stadio), per non parlare di quanto si denunciava l’assenza del presidentissimo una volta entrato in politica. Eppure, mai è passato per la testa a nessuno di eliminare Fossa e Brigate dalla Sud. 

E poi anche l’ipocrisia della curva stessa, e non me ne voglia nessuno, poiché di stinchi di santo proprio non ce ne sono in quell’ambiente ormai da anni. Da ultimo, e questo lo aggiungo io, l’ipocrisia di chi per anni ha parlato di stadi come teatri, che magari sono gli stessi che ora denunciano questo ambiente silenzioso e asettico che ha ospitato Milan-Bari nonostante più di 70 mila persone sugli spalti. Perché la realtà che in Italia senza curve non si tifa: il pubblico “normale” può al massimo cantare “Forza lotta vincerai”, l’unico coro che tutti i milanisti del mondo sanno. E le coreografie? E i bandieroni? E gli altri cori? C’è qualcuno bravo da prendere su e mettersi al secondo blu al posto loro? Ad  onor del vero, no. Far giocare sempre in casa gli avversari, che con il silenzio della curva milanista avranno campo libero sempre, non sembra un scelta proprio azzeccata. 

Il guaio è che una fine non si vedrà presto: i curvaioli chiedono un dialogo (come detto da Pacio, il vocalist, nella diretta con Luca Serafini che ha dato spazio alla cosa su Milan Community) ma se c’è una cosa che proprio a questa società non riesce è comunicare. Conferenze stampa della vigilia deliberamente annullate, spiegazioni dopo le partite non date, risultati sempre più scadenti (dallo scudetto del 2022 e dalla semifinale di Champions League 2023 si è passati al decimo posto dello scorso anno), un’aurea di menefreghismo sprezzante che non ha fatto altro che rinvigorire il dissenso di tutta la tifoseria, non solo quella di curva. Anche i club, costretti a comprare ciascun socio individualmente il biglietto alla fine dello scorso anno, sono vittima di questo atteggiamento deplorevole di chi dovrebbe essere in prima linea a tutelare i propri tifosi al netto di chi sbaglia e deve pagare salato. Chissà quante puntate ci saranno ancora di questa saga. Di sicuro, a teatro si guarda uno spettacolo, allo stadio ci sono due squadre in campo che parteggiano l’una contro l’altra. Inutile pretendere che sia la stessa cosa.

 

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