Campionato di calcio per amputati firmato Andrij Shevchenko, simbolo di un Ucraina che riparte
di FRANCESCO MAFERA
A volte, vincere palloni d’oro o segnare gol stupendi che portano in dote campionati o Coppe dei Campioni non è la cosa più bella che puoi realizzare nella vita. Non è ció che fai davanti ai riflettori che ti qualifica come uomo, che ti attribuisce quello status symbol di grande icona. È ben altro: e con l’età, con l’esperienza lo capisci bene e sai trasmetterlo come si deve alle nuove generazioni. C’è chi lo capisce in anticipo e chi forse, in fondo, l’ha sempre saputo: uno di quelli che ci ha sempre dato l’impressione di saper ristabilire delle priorità e di non necessitare della gloria sportiva, nonostante una carriera di successo, è sicuramente l’ ex intramontabile stella rossonera Andrij Schevchenko che è rimasto legato alle sue origini, diventando “ambasciatore” istituzionale nel ricoprire la carica di Presidente della UAF (Federazione Calcistica Ucraina) in terra natia e dimostrando sensibilità, nonché grande senso di gratitudine e appartenenza. Del resto, osservando il personaggio, chi in effetti, tra quelli che lo hanno visto giocare non ha mai notato la sua dedizione sul campo da calcio? Già il fatto di vederlo correre e sgomitare con grande impegno lungo tutto il rettangolo verde e giocare come se ogni pallone fosse quello dell’ultimo miglio prima del traguardo, lasciava intravedere delle qualità umane che oggi sono sempre di più merce rara. Un atteggiamento il suo che riflette un modo di essere e che oggi ha portato a fornire un apporto indispensabile per un nuovo progetto sportivo.
Il primo campionato ucraino di calcio amputati
Il 29 agosto, una data scolpita nella memoria collettiva ucraina come “Giornata della Memoria dei Difensori dell’Ucraina”, è andato in scena a Kiev un evento che trascende lo sport. Nell’intimo e simbolico Centro Nazionale Viktor Bannikov, è stato inaugurato il primo campionato ucraino di calcio per amputati: un progetto tanto ambizioso quanto profondamente umano, ideato e sostenuto con forza dalla Federcalcio ucraina (UAF), sotto la guida carismatica del suo presidente, Andriy Shevchenko, leggenda del Milan e simbolo di un Paese che non si arrende.
A darne notizia è stato il giornalista Francesco Caremani sulle colonne di Tuttosport, ma la portata dell’iniziativa merita un’eco ben più vasta: non solo sport, ma testimonianza viva di come la solidarietà possa trasformare la ferita in forza.
Lo sport che cura l’invisibile
Questo nuovo torneo non è solo una competizione: è un atto collettivo di resistenza, un antidoto alla disumanizzazione del conflitto. Uomini segnati dalla guerra, privati di un arto ma non della voglia di vivere e lottare, ritrovano sul campo uno spazio di dignità e appartenenza. In un contesto lacerato dall’invasione russa, il calcio diventa uno strumento di riconnessione identitaria, capace di abbattere le barriere dell’esclusione. Attraverso la pratica sportiva, i partecipanti non solo riacquisiscono fiducia in sé stessi, ma mostrano all’intera nazione – e al mondo – che anche la disabilità, se sostenuta dal coraggio, può trasformarsi in energia creativa e testimonianza potente.
Un calcio che non dimentica
Il fischio d’inizio della prima partita non poteva che essere affidato ad Andriy Shevchenko in persona. Al suo fianco, autorità ucraine, rappresentanti internazionali e un altro volto amato dello sport ucraino: il campione del mondo di pugilato Oleksandr Usyk. Ma sotto i riflettori non c’erano nomi celebri, bensì gli atleti stessi: uomini che hanno pagato un prezzo altissimo al fronte e che oggi, con le stampelle e il cuore, tornano in campo a scrivere un nuovo racconto.
È una scena che vibra di emozione: il pallone che rotola su un prato che ha visto dolore e oggi ospita speranza. Ogni gesto tecnico, ogni corsa, ogni rete è una dichiarazione: “Non siamo finiti. Abbiamo ancora tanto da dare.”
Una visione per cambiare la società
“Non devono essere i veterani ad adattarsi alla società. Deve essere la società ad adattarsi a loro”, ha affermato Shevchenko con fermezza e sensibilità, citando una frase che racchiude l’essenza del progetto. Parole che pesano, specie in un Paese in cui la guerra ha già generato migliaia di feriti e veterani, spesso lasciati ai margini.
Questo campionato non è soltanto un gesto simbolico o una parentesi emotiva: è una presa di posizione politica e culturale. Il calcio, sport popolare per eccellenza, viene scelto come veicolo di reinserimento, di visibilità e di cambiamento sociale. Un seme che Sheva e la UAF hanno piantato un anno fa, proprio su quel prato, e che oggi inizia a germogliare.
Dalla tragedia alla rinascita
Nel cuore dell’Europa, in un Paese che lotta per la propria libertà e identità, lo sport dimostra ancora una volta la sua capacità di resistere, reinventarsi, rigenerare. Il campionato per amputati in Ucraina non è solo una novità sportiva, ma un messaggio al mondo: anche nella devastazione, l’animo umano può trovare la forza di rialzarsi.
E se a guidare questo processo c’è un uomo come Shevchenko, capace di unire gloria calcistica e impegno civile, allora il calcio può davvero tornare a essere molto più di un gioco.
Credit photo: pagina facebook “Ukrinian Association on Football”