“No al protocollo” lo striscione dei tifosi del Basket contro le restrizioni
di STEFANO RAVAGLIA
Controlli più blandi, niente nomi e cognomi sui biglietti, accesso più semplice a ogni evento: presto tutto questo diventerà un ricordo per il basket italiano. Dopo gli episodi di violenza che hanno coinvolto le tifoserie di Forlì e Rimini lo scorso giugno durante i playoff (lontano dal Flaminio, l’impianto riminese, una rappresentanza delle due tifoserie si sono scontrate all’esterno di un bar), e i vari divieti di trasferta tra le tifoserie più in cattivi rapporti, arriva una sorta di schedatura anche per chi vuole entrare nei palazzetti del basket. E un assaggio si è già avuto a Ravenna, per la Supercoppa Italiana che ha coinvolto Cividale, la stessa Forlì, la Fortitudo Bologna e proprio Rimini.
La squadra di Dell’Agnello ha eliminato in semifinale la Fortitudo Bologna, ma la notizia non è questa: la Fossa dei Leoni, gruppo storico del tifo fortitudino dal 1970, con un comunicato aveva declinato la presenza al Pala de Andrè per motivi molto chiari: “Lista dei biglietti da consegnare entro le 19 del giorno prima, chi non è in lista non parte; biglietti nominali per tutte le partite non solo per quelle considerate a rischio; in un’estate ci siamo trovati da liberi tifosi di basket a ai più assurdi restringimenti che troviamo negli stadi”. Si badi bene, nessuno vuol far passare in secondo piano alcuni episodi accaduti anche nell’ambito dei palazzetti, seppur molto circoscritti. Ma come al solito ad andarci di mezzo sono tutti, e non solo i responsabili. Ne avevamo già parlato sul nostro sito: quando Rimini-Forlì si giocò a porte chiuse in casa forlivese in giugno, entrambi gli allenatori, Dell’Agnello e Martino, espressero chiaramente il loro malcontento. E anche in occasione della trasferta vietata ai riminesi in casa di Pesaro nella scora stagione regolare, anche il sindaco di Rimini, Jamil Sadegholvaad, non sposò il provvedimento.
“No al protocollo”, diceva lo striscione, esposto sia nella tribuna occupata a Ravenna dai tifosi fortitudini non facenti parte della Fossa, stessa cosa nella tribuna opposta occupata dai tifosi riminesi. Anche qui il “Barrio”, gruppo del tifo organizzato che segue RBR regolarmente in curva, non era presente. Queste norme sono infatti frutto di un protocollo firmato da FIP, Legadue, Lega di serie A e Osservatorio che porterà il basket a essere equiparato al calcio. A dirla tutta, era solo questione di tempo, in questa società iper militarizzata per qualsiasi evento sportivo e non.
Ad andarci di mezzo però, come detto e come sempre, sono tutti coloro che vogliono accedere ai palazzetti e non solo i rappresentanti delle curve. Al contrario del calcio e di altri sport, che hanno eretto ormai un muro tra addetti ai lavori e tifosi, il basket ha sempre avuto nella partecipazione e nella vicinanza tra tifosi e club il suo cavallo di battaglia: in questo modo, invece di punire solo i colpevoli come nella normalità dovrebbe essere, si prova il solito colpo di spugna figlio solo della paura, del sospetto, del far vedere che i provvedimenti sono stati presi, mettendo tutti nel mucchio così di sicuro c’azzecchiamo, invece di un addebito di responsabilità solo a chi si è macchiato di negligenze. E poi, l’osservatorio: ma in base a quali criteri vengono scelte le partite “a rischio”? Si seguono di nascosto i tifosi di quelle due compagini per vedere se mantengono uno stile di vita sano e corretto per scongiurare il pericolo che poi facciano a botte a palazzo (cosa peraltro del tutto rara all’interno della struttura, magari fuori)? E proprio questa è un’altra critica che è apparsa sul comunicato della Fossa dei Leoni: “partite a rischio stabiliti con criteri tutt’altro che oggettivi”. Sarà una stagione molto lunga…