Differenze in gioco e spazi sportivi ideali: l’Emilia-Romagna per una visione di sport rispettosa dell’identità di genere
di FRANCESCO MAFERA
Il 16 ottobre, nella sede della Regione Emilia-Romagna a Bologna si è alzato il sipario su un progetto ambizioso e necessario: “Differenze in gioco – Cambiamo lo Sport per Tutt”*. L’iniziativa, promossa da Uisp Emilia-Romagna con il sostegno di realtà come Giulia Giornaliste, Arcigay, Genderlens e il contributo della Regione, si propone di rinnovare radicalmente il modo in cui lo sport viene pensato, vissuto e raccontato.
L’incontro ha riunito attivisti, dirigenti sportivi, studiosi e rappresentanti di associazioni, dando vita a un confronto profondo e collettivo. A guidare il dibattito, Manuela Claysset, referente per le politiche associative Uisp, che ha introdotto una platea ricca e partecipe, tra cui Enrico Balestra (presidente Uisp Emilia-Romagna) ed Enrica Francini (vicepresidente nazionale).
La nuova mappa di un percorso trasformativo
Al centro della discussione, la presentazione delle linee guida per spazi sportivi ideali, curate da Chià Rinaldi, responsabile del progetto e della progettazione per Uisp Emilia-Romagna. Si tratta di un documento che non è solo tecnico, ma anche politico e culturale: una mappa per trasformare lo sport in un’esperienza davvero accessibile a ogni corpo, identità ed esigenza. Le linee guida mettono in discussione i modelli tradizionali, troppo spesso orientati alla competizione, alla prestazione e a una visione binaria delle identità.
I vari contributi che hanno arricchito l’incontro
Da questa base è partito un confronto ricco di testimonianze e riflessioni. La sociologa Alessia Tuselli ha aperto la strada con un’analisi del linguaggio e degli stereotipi che ancora permeano il mondo sportivo: la forza è “maschile”, la grazia è “femminile”, e il corpo delle donne – soprattutto se fuori dagli standard – diventa oggetto di giudizio o invisibilità. L’adolescenza, per molte ragazze, segna l’abbandono dello sport, non per mancanza di volontà, ma per un contesto che non le accoglie.
A seguire, la ricercatrice e pugile Elisa Virgili ha raccontato la sua esperienza in una disciplina che continua a portare l’etichetta del “maschile”. Il corpo femminile che osa sfidare quel modello viene percepito come inappropriato o da correggere. Ha sottolineato come tante atlete sentano il bisogno di riaffermare la propria femminilità fuori dall’ambito sportivo, quasi a compensare lo sforzo richiesto per essere riconosciute in un ambiente che non le prevede. Il suo invito è a superare il concetto di semplice accessibilità per parlare invece di permeabilità: uno sport che non si limita a includere, ma che è davvero abitato da tutte le soggettività.
Poi è intervenuta Francesca Vitali, docente universitaria e attivista di Assist, che ha puntato l’attenzione sul tema del safeguarding, un insieme di politiche di protezione ancora troppo poco diffuse, soprattutto fuori dal circuito olimpico. Lo sport, ha ricordato, deve essere uno spazio dove ogni persona si senta al sicuro, ascoltata e rispettata, anche al di là della performance fisica.
Infine, ha chiuso l’incontro Natascia Maesi, presidente di Arcigay nazionale, sottolineando che questo lavoro collettivo è nato proprio a partire dalle esperienze e dai bisogni delle persone LGBTQIA+. Sono queste voci – spesso ignorate o silenziate – che devono guidare la trasformazione del modo in cui concepiamo e viviamo lo sport. Con un tono deciso ma carico di speranza, Maesi ha lasciato i presenti con un messaggio chiaro: lo sport deve essere un luogo dove si costruisce la propria identità, non un’arena in cui difendersi. E questo è possibile solo se chi gestisce spazi e attività si mette in ascolto e promuove relazioni di cura, accoglienza e fiducia.
Altro importante passo in avanti per il rafforzamento di una identità culturale
Un altro tassello nel sempre più ricco e variegato mosaico di una progettualità pensata per l’inclusione attraverso lo sport è stato dunque aggiunto, cosi da permettere alla cultura della solidarietà di permeare tanti contesti all’interno del nostro paese. Un po’ come già visto nel recente passato attraverso altre iniziative come ad esempio quella di “Sport Illumina” per costruire nuovi spazi di condivisione. Un modo per dare nuovi riferimenti culturali nell’intento di creare le fondamenta di quel profondo senso di appartenenza alla comunità, in questo caso anche nel rispetto dell’identità di genere. Sempre all’interno di contesti socialmente edificanti, secondo principi di capillarità e trasversalità che accompagnano idee come queste.
