Sebastián Giacomazzi: figlio d’arte che prima di tutto gioca per il piacere di farlo
di FRANCESCO MAFERA
Sebastián Giacomazzi porta un cognome importante, soprattutto a Lecce, dove suo padre Guillermo è stato capitano e simbolo per oltre un decennio. Cresciuto nel settore giovanile giallorosso dai nove ai diciotto anni, ha vissuto anni intensi, pieni di responsabilità ma anche di orgoglio. Ha imparato presto che il peso di un nome non deve togliere leggerezza: col tempo ha trasformato quella pressione in motivazione, guidato sempre da un principio semplice, che ripete a sé stesso come un mantra: prima di tutto, divertirsi. Il rapporto con il padre è stato un riferimento continuo, ma mai soffocante. Guillermo è rimasto una guida discreta, pronta a offrire consigli solo quando richiesta: un modo di crescere che ha insegnato a Sebastián la pazienza, la capacità di aspettare, di costruirsi passo dopo passo. La convocazione giovanile con l’Uruguay, arrivata a soli 16 anni, è stata una conferma del suo talento, ma anche di quanto fosse importante mantenere i piedi per terra: giocare, imparare, godersi il percorso. Perchè la Celeste è giusto che sia un obiettivo si, ma inteso come sogno e non come ossessione. Sebastian l’ha capito. Gli si legge negli occhi. Da uno sguardo che fa trasparire serenità. Quella di chi, anche se in giovane età, ha maturato una esperienza importante poichè ne ha già passate abbastanza.
Il percorso di un giovane talentuoso ma anche tenace
Le difficoltà non sono mancate. Dopo aver lasciato il Lecce, le esperienze a Empoli e Ascoli lo hanno messo alla prova, lontano dalla famiglia e alle prese con infortuni e solitudine. Proprio in quei mesi ha capito quanto la crescita passi dalla resilienza e dalla forza mentale: non basta la tecnica, serve la testa. È in quei momenti che è nata la sua “garra”, quella capacità di lottare e non arrendersi che sentiva di dover tirare fuori. Il ritorno quasi a casa, a Novoli, ha rappresentato un nuovo inizio. Un ambiente giovane, sano, pieno di entusiasmo: il luogo ideale per ritrovare serenità e continuare a migliorare. Qui ha scoperto un ruolo diverso in campo, si è rimesso in discussione e ha ritrovato il piacere puro del gioco. Per lui il calcio resta questo: palla a terra, spazio per la fantasia, voglia di crescere senza bruciare le tappe. I sogni non mancano: tornare un giorno nella Nazionale uruguaiana e, chissà, forse anche rivedere Lecce da un’altra prospettiva. Ma Sebastián non vive di pressioni né di fretta. Il suo obiettivo è aiutare il Novoli, lavorare ogni giorno sui dettagli, migliorare fisicamente e mentalmente. I traguardi arriveranno solo se costruiti con calma e passione. Quando guarda al bambino che era, gli direbbe una sola cosa: “Divertiti: il resto arriverà dopo.” È questa la bussola che lo guida ancora oggi, in ogni allenamento, in ogni partita, in ogni sfida. Perché a determinare la sua strada non è solo il cognome che porta, ma la mentalità con cui affronta il calcio: paziente, umile, affamata, sempre leggera. E sempre, profondamente, innamorata del gioco.
Sebastian ha così dimostrato che ripercorrere virtuosamente le orme di un padre nel segno della pazienza e del divertimento prima di tutto è ciò che dovrebbe sempre essere, ovvero il giusto viatico per la crescita di uno sportivo sano, nel senso più esteso e completo del termine. E diventare quindi un punto di riferimento per quelle nuove generazioni che spesso antepongono l’esasperazione del successo alla costruzione di un percorso di maturazione in cui che certe tappe della vita sono obbligate. Per essere anche umanamente persone migliori. E magari, proprio per questo, anche atleti di livello.

