Azzurre del Volley regine del mondo: la vittoria dal valore sportivo più puro
di FRANCESCO MAFERA
C’è un film di qualche anno fa che molti ricorderanno e che insegna quali siano gli ingredienti migliori per vincere, meritando il successo: non i più utili, non i più immediati per efficacia. Semplicemente quelli più giusti. Gli unici possibili affinchè, chi li utilizza, possa tra l’altro giungere all’obiettivo nel modo più sano e gratificante possibile, ovvero grazie a determinazione e applicazione costanti. Anche contro ogni ostacolo. Quel film è “The Founder” che, seppur basato su una storia intrisa anche di opportunismo e capitalismo sfrenato, attraverso il suo protagonista Ray Kroc, interpretato da un magistrale Micheal Keaton, rimanda in modo circolare al concetto di perseveranza. Una forza così trainante da portare nuova linfa anche quando tutto sembra irraggiungibile. La dimostrazione pratica di cotanto spessore ce l’hanno data le nostre ragazze del Volley, che hanno reso possibile un traguardo solo immaginato e poi diventato tangibile fino ad essere conquistato.
A volte basta trovare la chiave giusta all’interno del mazzo. Bisogna solo saper insistere perché ce n’è sempre una che apre tutte le porte. E Il custode di quel passpartout psicologico porta sempre e comunque il nome di Julio Velasco che di lezioni di mentalità se ne intende. L’allenatore argentino è riuscito ancora una volta nell’impresa di toccare le corde giuste per far suonare armonicamente la sua orchestra, premendo quei tasti che talvolta si riannidano negli angoli più reconditi della mente di un atleta. Lo ha fatto e sa farlo sistematicamente – sempre a proposito di esempi calzanti – come l’Al Pacino dei tempi migliori nel celebre “Ogni maledetta domenica”, parlando fuori dai denti e non lasciando alibi per strada.
Ed è così che le sue ragazze si sono rimesse in carreggiata, invertendo la rotta e trasformando poco a poco quello che si credeva altamente improbabile in difficile, il difficile in probabile, il probabile in possibile e il possibile in qualcosa di effettivamente realizzabile. Una ricostruzione che, alla fine 23 anni dopo l’ultima volta, ha condotto a poter toccare con mano quel sogno di gloria e che non avrà eguali per molto tempo.
Una squadra che si è costruita giorno dopo giorno
In questo anno cruciale, le protagoniste sono state le giocatrici. Sono loro che, giorno dopo giorno, in palestra, hanno scelto di fare un passo in più. Hanno lavorato sodo, senza scorciatoie, mettendo in discussione loro stesse, accettando il confronto, la competizione interna, le sfide psicologiche e fisiche. Il dolore per quello che poteva essere e non è stato. Si è ripartiti da lì. Da poco meno di un anno e mezzo fa contro la nazionale turca. Da dove, sempre più difficilmente, si è disposti a ricominciare. In un’epoca in cui si parla tanto di “talento”, ma quando si tratta di metterlo a frutto attraverso il sacrificio, non tutti sono all’altezza. Queste ragazze hanno mostrato che la differenza vera la fa la dedizione. Perché come dice la voce di Micheal Keaton: “solo la perseveranza e la determinazione sono onnipotenti”.
Talento e atletismo conditi da umiltà a servizio del gruppo-squadra
Sono tanti gli esempi da fare in questa nazionale: probabilmente il primo è quello di Paola Egonu che ha accettato di rimettersi in gioco, con umiltà e spirito di sacrificio, pronta a dimostrare sul campo di meritare ogni pallone. Antropova ha alzato il livello fino a diventare decisiva. Alessia Orro ha preso in mano il gioco, orchestrando la squadra con lucidità. Miriam Sylla, esempio di resilienza, ha rinforzato la ricezione ed è tornata protagonista. E poi Moki De Gennaro che nonostante svariati titoli, non si accontenta perchè crede ancora nel valore del miglioramento. Insieme a lei Bosetti, Danesi, Fahr. Tutti elementi che hanno portato qualcosa di unico, dando un apporto fondamentale.
La mano invisibile ma concreta che spinge anche dal “dietro le quinte”
In mezzo a tutto questo come dimenticarci anche delle assenti — Pietrini, Degradi, Bonifacio — fermate dagli infortuni a un passo da Parigi. Il loro sacrificio silenzioso ha pesato, eccome. Ma il gruppo ha scelto di non piangersi addosso: ha guardato avanti, si è compattato e concentrato su quello che c’era, non su ciò che mancava.
Dalla Turchia alla Turchia: la sliding door ed un cerchio che si chiude
Il 18 maggio 2024, nella Nations League, contro la Turchia, le Azzurre sono sotto di un set e in difficoltà nel secondo. È lì che qualcosa cambia. Non è solo una questione tattica o tecnica. È una questione di atteggiamento. Le ragazze si guardano negli occhi, scelgono di lottare, di rischiare, di schiacciare forte dopo essere state letteralmente catechizzate dalla loro guida e ribaltano la partita: vincono 3-1. Da quel momento, non si fermeranno più. Perchè qualcosa è scattato, come una molla. Una scintilla che ti fa dire: “si, mi piace la fatica, voglio continuare a lottare, mi piace la sfida, mi stimola. Nel sudore sono a mio agio. Perdo il punto? E pazienza, vuol dire che farò il prossimo. Lo facciamo tutte insieme, anche fosse soltanto per il gusto di lottare per quell’ulteriore centimetro. Nella curiosità di capire fin dove si può arrivare. Perché già il piacere di poter gareggiare ad alti livelli è un privilegio. E in questo il loro coach sembra aver trovato come una sorta di leva da poter impiegare come strumento di “lusinga sportiva”. Hanno dimostrato questo anche nel modo con cui hanno piegato di nuovo la nazionale turca, questa volta a Bangkok nella magica serata del 7 settembre: botta e risposta, fino ad una vittoria fatta di resilienza e indomito spirito da battaglia, rispondendo colpo su colpo alle difficoltà. Anche a costo di attraversare momenti estenuanti. Anche a costo di battere un altro italiano, Daniele Santarelli con buona pace della moglie De Gennaro dall’altra parte della rete. Ma si è professionisti e, anche se in senso buono, non si guarda in faccia a nessuno. Soprattutto se il traguardo è lì vicino. In modo tale che i più grandi spettri del passato potessero essere scacciati di nuovo e trasformarsi in scenari incantevoli.
Una lezione di sport e di vita che rende ancor più grande la vittoria e che vale più dello stesso successo
Questa Nazionale ha insegnato al Paese che il successo non arriva per diritto o per talento, ma si costruisce con la fatica quotidiana, con la capacità di superare i momenti difficili, con la forza del gruppo. Le Azzurre non si sono aggrappate agli alibi. Non hanno mai chiesto scuse, nemmeno quando avrebbero potuto. Hanno pensato a quello che avevano, e lo hanno fatto valere. Tutto.
Inoltre, l’insegnamento di questa medaglia d’oro riguarda un simbolo di ciò che può accadere quando le donne si mettono insieme e non si arrendono. È un regalo fatto “al” volley e che “dal” volley italiano arriva, ma anche un messaggio potente per chiunque abbia un sogno: non basta sognare. Bisogna lavorare. E crederci. Fino in fondo.
Brave, ragazze. Questo Mondiale, 23 anni dopo Parigi, è di nuovo vostro. E grazie alla vostra “perseveranza” lo è meritatamente. Fieramente. Indimenticabilmente.