Il rugby, metafora di forza, semina ideale per un futuro migliore: è online il nuovo libro di Erika Morri
di MARIELLA LAMONICA
L’ex atleta azzurra ha scritto insieme a Simona Castellano un volume che raccoglie 70 interviste di atlete provenienti da tutto il mondo, un mix di riflessioni sull’empowerment femminile
Il coutdown è finalmente giunto al termine ed Empowerment per la vita. La meta del rugby femminile di Simona Castellano ed Erika Morri è finalmente acquistabile (online lo trovate qui).
Di cosa si tratta? Di un manuale che racconta il rugby andando oltre l’attività sportiva, una metafora di forza, resilienza e cambiamento sociale ma soprattutto uno strumento di empowerment femminile in un contesto in cui regnano ancora in maniera preponderante le disuguaglianze di genere.
Il volume è un’analisi che passa attraverso 70 interviste dirette di 70 atlete provenienti da diverse parti del mondo, storie apparentemente lontane eppure così vicine, che si intrecciano l’un l’altra, con lo sport mezzo universale per unire culture diverse, contesti socioeconomici diversi, e l’obiettivo comune di rafforzare l’autodeterminazione e la fiducia in sé, prendendo appunto coscienza del proprio valore.
“Ad ogni intervistata ho chiesto come fosse nato il movimento femminile rugby del proprio paese ed in realtà mi sono resa conto dalle loro risposte che noi non esistiamo, siamo “donne fantasma”; se non hai un luogo dove metti foto, medaglie, coppe, sostanzialmente non esisti, non sei nessuno, ma la verità più profonda è (anche) che manca una memoria, non c’è traccia di ciò che è stato e se non sai da dove vieni non puoi sapere dove puoi arrivare, la memoria dei club cambia la percezione di tutto perché una volta che poi cambiano le persone nel tempo, finisci col perderti la memoria, tutto quello che è stato” afferma Erika Morri, una delle due autrici.
Dai dialoghi emergono storie di donne che attraverso il rugby, sono riuscite a superare sfide economiche, familiari e sociali. Le storie esaminate mostrano, infatti, donne-atlete che hanno trovato nel rugby un’opportunità per ridefinire la propria identità in un ambiente sicuro e inclusivo. “Basti pensare allo spogliatoio – prosegue Morri – luogo liturgico in cui puoi parlare di argomenti tabù al di fuori di quelle mura, e puoi confrontarti con donne che ti capiscono, con delle “amiche”, nei paesi africani questo è un esempio lampante”.
Le testimonianze convergono su un punto centrale: il rugby come catalizzatore di crescita personale e collettiva, nonché mezzo di riscatto e trasformazione sociale.
“Ci sono altri due punti essenziali che tenderei a sottolineare e il primo è quello della consapevolezza del proprio corpo. In ogni intervista abbiamo riscontrato come il cambiamento sia un altro fattore determinante nelle vite di queste donna, spesso i kg di troppo portano a causare problemi di bulimia, per esempio, fin quando queste donne trasformano i kg in eccesso in muscolo, capiscono l’utilità e la bellezza degli stessi, e sono idolatrate dalle loro squadre, non a caso si dice che il rugby sia lo sport più democratico del mondo perché accetta tutte le fisicità”.
L’altro punto, invece, parla di un gesto tecnico che diventa metafora di vita, il placcaggio: “Quando placchi per la prima volta, quando fai questo gesto tecnico quasi senza rendertene conto, ma con naturalezza, capisci effettivamente qual è la tua forza ed indirettamente ti chiedi “Sono riuscita a placcare, ma allora sono forte e quante cose più facili potrei realizzare nella vita?”, è un discorso che si riverbera sulla vita normale” sostiene ancora l’ex giocatrice di rugby. A proposito: ex Azzurra (2 Mondiali, 7 Campionati Europei, 12 anni in Azzurro su 21 giocati), Erika Morri è la founder di “Wo*men’s sport land of freedom: chi semina sport raccoglie futuro, è formatrice e speaker, sostiene che il corpo sia uno strumento di apprendimento. Oggi nel mondo del rugby ricopre il ruolo di Consigliera della Federazione Italiana Rugby, è membro del committee per lo sviluppo del rugby femminile di Rugby Europe, e rappresenta l’Italia nella federazione mondiale World Rugby.
Quanto al suo progetto “Wo*men’s sport land of freedom” dice: “Faccio parte di un team e sono fondatrice di questo progetto che si basa sul come ci si relaziona con gli altri e sul concetto di agentività, ovvero sulla consapevolezza di come le nostre azioni impattino sulla nostra vita”.
Tornando infine al libro, propone un framework educativo applicabile in contesti scolastici e sociali, mirato a sviluppare programmi che stimolino l’autostima e la consapevolezza emotiva di ragazze e ragazzi. In un’ottica socio-pedagogica, il libro si propone di integrare sport, educazione e cultura, proponendo il rugby come uno strumento privilegiato per la crescita personale e collettiva; ma anche modello di empowerment, inclusività e sviluppo sociale. Obiettivo ultimo è infatti offrire una riflessione su come lo sport possa diventare uno strumento di cambiamento sociale ed educativo, riflessione mai come in questo momento necessaria e determinante proprio per veder fiorire un futuro migliore.
