Il dono del silenzio
di Silvia Sardi
Silenzio. Parla il silenzio.
Quante volte, di fronte a un evento tragico, sentiamo la necessità di dire la nostra, di farci notare, di contribuire al frastuono mediatico? E quante volte, invece, perdiamo l’occasione di tacere, di lasciare spazio al silenzio? È una riflessione che ha toccato molti di noi recentemente, con la tragica e prematura scomparsa di una giovane sciatrice azzurra. Ma questa domanda, purtroppo, si ripresenta ogni volta che una tragedia colpisce la collettività.
Ogni evento doloroso, infatti, sembra dar vita a un tam-tam mediatico inarrestabile, amplificato dalla facilità con cui oggi si può commentare sui social e in rete. Quello che spesso lascia interdetti non è tanto il numero di commenti, quanto il bisogno di molti di apparire, di “essere sul pezzo.” In un contesto in cui “bad news is good news”, molti non resistono alla tentazione di sfruttare la tragedia per ottenere un momento di attenzione, o addirittura per dimostrare la propria “vicinanza” in modo quasi meccanico.
Ma il silenzio, pochi lo ricordano, è una forma potente di rispetto. Coloro che, in queste circostanze, scelgono di restare in silenzio spesso lo fanno per ascoltare, per riflettere, per dare spazio al dolore e all’introspezione, senza bisogno di aggiungere altre parole. In un mondo in cui l’esposizione sembra l’unico modo di partecipare, scegliere il silenzio richiede coraggio, umiltà e un rispetto profondo.
Di fronte a una tragedia, dunque, il silenzio diventa un gesto eloquente, capace di comunicare molto più delle parole. È un modo per lasciare che il dolore occupi il suo spazio naturale, per rispettare chi soffre senza sovrapporre la propria voce.
Forse, il silenzio è un’arte che non abbiamo ancora imparato. Ma è una lezione che dovremmo accogliere, per ritrovare il valore di un rispetto autentico e profondo.