Fragile, un documentario universale per raccontare il buio di Nicolò Fagioli
di Mariella Lamonica
È uscito da un paio di settimane su Amazon Prime, con produzione Juventus Creator Lab, il documentario che racconta la storia di Nicolò Fagioli, il centrocampista della Juventus incappato nella brutta vicenda del calcioscommesse.
Il riassunto di questa storia è semplice e per certi versi assai scontato proprio come quando arrivi all’apice, soffri di vertigini, e cadi giù. Tradotto: un giovane atleta di grande talento e belle speranze che realizza il suo sogno più grande, diventare un calciatore di serie A e giocare nella sua squadra del cuore, la Juventus. Ma qualcosa non torna, c’è una noia letale, divenuta depressione, che lo abbraccia da tempo e che resta intrappolata in un’anima rivelatasi, appunto, troppo fragile. Quella fragilità sfocia in un vizio, una dipendenza, chiamata calcioscommesse, che lo porta a giocarsi tanto, quasi tutto, in primis la sua dignità, il suo onore, poi anche milioni di euro. Quando la goccia fa traboccare il vaso, Fagioli viene arrestato, mandato a processo, condannato a 7 mesi di squalifica più una serie di ore dedicate ad incontri formativi per mettersi ancora più a nudo di fronte ad una gioventù che da questa ennesima vicenda può imparare a capire l’importanza della salute mentale.
Il documentario scivola via veloce e leggero, non ci sono contenuti sensazionalistici, c’è una sorta di percorso tappa dopo tappa che spinge fino al faccia a faccia con il baratro, quello che il 21enne si trova ad affrontare per poter tornare a vivere.
Dalle immagini di campo alle confessioni più intime, dal pianto quasi liberatorio dopo la sostituzione in Sassuolo – Juventus, per intenderci il pianto che il mondo intero aveva pensato fosse legato all’errore del centrocampista propiziatorio per il gol neroverde e che invece lo stesso Fagioli dirà successivamente essere dovuto al pensiero dei debiti, alla convocazione di Max Allegri prima e Luciano Spalletti poi, per gli Europei in Germania.
L’intento di questo prodotto è anche quello di dare voce ad una famiglia investita da un problema che potrebbe toccare chiunque, basti pensare che in Italia i numeri di persone dipendenti dal gioco d’azzardo viaggiano su cifre tra i 300 mila ed il milione e 300 mila, un’oscillazione ampia che manifesta ancor di più il labile confine tra uno “scommettitore semplice” e chi, invece, si ritrova immerso in una vera e propria patologia.
Ma il punto nevralgico non è solo questo, è riuscire anche a mettere in guardia possibili futuri campioni sulla strada da percorrere, sulle insidie che il percorso verso l’apice nasconde, rimarcando l’importanza del benessere mentale e delle azioni, della vita, al di fuori dal campo di gioco.
Infine, la comunicazione: appoggiarsi ad una psicoterapeuta, che a sua volta viene interpellato in diverse circostanze durante le riprese, è la più classica richiesta d’aiuto ancor’oggi troppo snobbata a discapito di chi rifiuta l’appellativo “malato”. La verità è che la malattia è spesso, ma nemmeno sempre, la conseguenza, il vero lavoro e sacrificio e riconoscere le proprie vulnerabilità e trovare il coraggio di affrontarle. Soprattutto fuori dal campo.