Essere genitori oggi: la sfida!
Il “mestiere” del genitore
Si sente spesso dire che il mestiere di genitore è il più difficile del mondo (e a mio parere è il più affascinante…), ma quest’affermazione sembra essere ancor più vera in questo periodo storico-sociale nel quale i valori sembrano essere divenuti “liquidi”, i ruoli incerti e il relativismo imperante: del resto il fiorire di “scuole per genitori” sarà pur indicativo di qualcosa che non funziona più. Partiamo dal concetto che il genitore perfetto non esiste, come non esiste il figlio perfetto, né esiste il “manuale del genitore perfetto”.
Ma come si faceva una volta?
La funzione educativa era tramandata da padre in figlio, mentre ora tanti bambini non conoscono neanche la storia della famiglia, dei nonni e le loro radici. Si dirà che le famiglie sono cambiate, che non c’è una vera politica di sostegno alla famiglia, alla genitorialità, ma il problema di fondo rimane il problema Educativo. Non si nasce genitori, ma lo si diventa quando si mette al mondo un figlio e le capacità genitoriali si acquisiscono lungo tutto l’arco della sua crescita.
Essere genitori
Essere genitori significa assumersi la responsabilità, le fatiche e la bellezza della crescita dei figli in un percorso che comunque non permette rassicuranti certezze. Non ci sono indicazioni e regole, se non le più semplici (che sono spesso anche le più efficaci), che siano adeguate per tutti i figli: ogni genitore è diverso dagli altri e da questa diversità derivano i diversi atteggiamenti, convinzioni, regole, abitudini che metteranno in atto. Così anche i figli sono diversi e per questo motivo crescerli richiede un continuo e progressivo adeguamento da parte dei genitori, che devono saper rispondere a esigenze sempre nuove, alla ricerca di nuove modalità di relazione con loro.
Lungo l’arco della crescita si incontreranno figli “sempre diversi”: pensiamo al passaggio tra l’infanzia e l’adolescenza, percorso sempre più precoce e sempre più turbolento verso l’età adulta, con l’abbandono della funzione protettiva e rassicurante (quando c’è) dei genitori, anzi spesso con il rifiuto di questa funzione, con la scoperta dell’ “altro”, un tuffo nella vita adulta, così ricca di attrattive per una mente ancora acerba.
L’adolescenza ha un naturale e necessario compito evolutivo: essa porta con sé tutta una serie di cambiamenti nei figli, che da bambini docili iniziano a ribellarsi, mettendo in discussione l’autorità dei genitori e provocando in famiglia tensioni e litigi. I genitori si trovano disorientati e spesso impotenti di fronte a comportamenti dei figli che non riconoscono più e temono che la situazione possa sfuggire loro di mano.
La ribellione
È importante comprendere che la ribellione fa parte del percorso di crescita e quasi sempre non è riferita al rapporto diretto con mamma e papà, di cui i ragazzi hanno ancora tanto bisogno, anche se non lo ammettono. I genitori faticano ad accettarlo: gli adolescenti guardano i genitori in modo diverso, mettendo in discussione l’onnipotenza e l’onniscienza che riconoscevano loro solo pochi anni prima. La presa di distanza può manifestarsi come ribellione, rifiuto delle regole, isolamento o chiusura in se stessi: questo processo che è fisiologico, indispensabile per la crescita, non deve però diventare eccessivo. Prepotenti sono le spinte biologiche verso l’autonomia: il corpo che cambia, gli ormoni, la scoperta della sessualità sempre più precoce, troppo precoce, l’identificazione sessuale; il ragazzo tende a sentirsi onnipotente.L’adolescenza
“Età dello tsunami”, così è stata definita l’adolescenza. Questa fase è molto difficile sia per il ragazzo sia per i genitori: c’è da chiedersi poi se il livello di “dis-informazione” fornito dai “social” sia utile in questo processo: la morte, ad esempio, sembra essere diventata un concetto virtuale, come nei videogiochi, e la realtà virtuale sembra prevalere su quella fattuale.
La sfida e la battaglia educativa
La sfida: da un lato la turbolenza della crescita, dall’altro la funzione di contenimento dei genitori. Potremmo dire che i figli “devono” trasgredire e i genitori “devono” contenere. Una “battaglia educativa” da fare insieme, che sovente i genitori non combattono. Incontro spesso genitori che si dichiarano impotenti o che appaiono rassegnati davanti a figli bersagliati, anche sul web, da un mondo di contenuti molto spesso diseducativi, subissati da migliaia di informazioni che non sono in grado di gestire e davanti alle quali sono passivi come “carte assorbenti”. Certo, cosa aspettarsi se si mettono in mano ai figli tablet a 3 anni o smartphone con internet a 6-8 anni?
Le tipologie di genitori:
– iperprotettivi: si “sostituiscono” costantemente ai figli perché considerati troppo fragili, ma così facendo, in realtà, li rendono ancora più fragili;
– permissivi: amici dei figli in una totale assenza di autorevolezza e autorità;
– sacrificanti: si sacrificano costantemente per dare il massimo ai figli;
– intermittenti: tendono a oscillare costantemente da un modello educativo a un altro;
– deleganti: delegano ad altri il ruolo di guida;
– autoritari: esercitano il potere in modo autoritario nei confronti dei figli.
La tipologia migliore
Qual è allora la tipologia di genitore migliore?
Secondo me è quella autorevole che permette ai figli di crescere maturi, responsabili e in grado di emanciparsi dai propri genitori in modo autonomo e sicuro.
La famiglia autorevole si caratterizza come una famiglia in cui le gerarchie sono mantenute e nella quale i genitori sono rispettati e vissuti come modelli e punti di riferimento.
Essere autorevoli significa assumere nei confronti dei figli posizioni educative, facendo rispettare le regole, ristabilendo il senso del limite nei momenti in cui il figlio sembra averlo perduto, anche con interventi disciplinari. Essere autorevoli significa anche decidere, in altri momenti, di mettersi sullo stesso piano dei figli, come avviene quando dialoghiamo con loro, sforzandoci di comprendere il loro punto di vista, o quando giochiamo con loro o ci scusiamo quando è il caso di farlo.
Conclusioni
Un genitore non può e non deve essere un amico dei figli: questa idea era nata dopo i grandi mutamenti degli anni Settanta, quando il genitore era forse troppo severo e le nuove generazioni chiedevano maggiore libertà, ma ora la cosa è sfuggita di mano. I giovani d’oggi, anche se non lo ammetteranno mai, si sentono orfani di una guida sicura.
Andrebbero riscoperti i “no” e i rimproveri, purtroppo esistono genitori (che si definiscono “moderni”) che scimmiottano i figli per sentirsi giovani, per immaturità, con una forte dose di narcisismo, per problematiche proprie non risolte: genitori adolescenti che evitano il conflitto, la battaglia educativa, madri “gelose” delle proprie figlie, niente regole, niente limiti e niente imposizioni.
L’educazione non prevede ruoli paritari tra genitori e figli e non bisogna mai confondere i ruoli: il bambino ha bisogno di un riferimento solido, non di un compagno di giochi, di qualcuno da cui apprendere ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. Si rischia che la distinzione dei ruoli non sia più chiara e definita; al giorno d’oggi i confini sembrano assottigliarsi sempre di più e l’incognita è quello che si invertano i ruoli, lasciando i figli in una libertà che da soli non sono in grado di gestire.
Prof. Maurizio Mondoni
Un genitore, un Insegnante, un Educatore