Cosa vuol dire essere #derisultatizzati? Un approccio singolare per essere plurali
di LUCA CORSOLINI
23 gennaio 2025, un giorno come altri. Sport dappertutto, coppe per ogni disciplina, tennis dell’altro mondo, persino un contorno disturbante di aggressioni tra tifosi che bisognerebbe cominciare a definire in altro modo, anche se noi ancora abbiamo il cattivo vizio di definire sportivi quelli che vanno allo stadio o al palasport. Sì, vizio, perché uno spettatore che va al cinema o al teatro non viene definito attore. E “sportivo” è una definizione che sarebbe più giusto riservare a chi pratica sport.
23 gennaio 2025. Un giorno buono come e più di altri per ragionare su Questo Posto. Abbiamo scelto di essere, approccio singolare, #derisultatizzati per raccontare il bello e i tanti lati belli dello sport, non solo sulla scena, ma anche dietro le quinte, nella quotidianità di emozioni e scoperte che sono sempre plurali. Però oggi…
Prendiamo la Gazzetta dello Sport come misura, senza offesa per Corriere dello Sport e Tuttosport. Pagine e foto sulla meraviglia di Bologna, che non è il risultato, 2-1 contro il Borussia Dortmund, prima vittoria in Champions; è piuttosto la meraviglia di una squadra e di una città, ancora più innamorate l’una dell’altra, che festeggiano un’eliminazione. In compenso, neanche una notizia, la classica breve (come si dice in gergo), per la Nazionale di pallamano che gioca contro la Germania, e che ha comunque già fatto la storia: tornata ai Mondiali dopo 28 anni, per la prima volta ha superato il primo turno.
Essere #derisultatizzati non vuol dire pensare che il risultato non conti, vuol dire semplicemente accettarlo come un dato, non il solo.
A Bologna hanno pianto per le lacrime di Orsolini, uscito per infortunio, ma hanno anche pianto di gioia per vedere realizzato il sogno di tutti: essere arrivati in Champions e non essere stati comparse. Al diavolo l’eliminazione: esserci stati, aver imparato la lezione, non aver mai mollato basta per dare una spinta, per far venire la voglia di tornarci. E in fin dei conti questa Champions così allargata è proprio questo: un campionato europeo basato sui risultati e al tempo stesso #derisultatizzato. Ci sono arrivate, stavolta, cinque squadre italiane, non solo quella che ha vinto lo scudetto, e il Bologna ha rappresentato tutte le solite… non note. Togliere enfasi al risultato non vuol dire togliere la polpa alle partite, vuol dire restituirle al vero piacere di giocarle, di vederle e di festeggiarle comunque insieme, giocatori e pubblico (col vantaggio, oggi, che le emozioni, quelle buone, non solo quelle più violente, sono amplificate dai social).
Poi, la pallamano. Talmente #derisultatizzata negli anni da non meritarsi lo straccio di una breve. Però la Federazione, presieduta adesso da Stefano Podini, uno talmente appassionato di sport che è riuscito, un genio, lui ex giocatore di pallamano, dunque per definizione ai margini degli eventi più importanti, a sfilare durante la cerimonia di apertura dei Giochi Olimpici di Londra come dirigente della Cambogia, Paese che ha aiutato da benefattore, potrebbe dare lezioni a tanti. Ha stretto un accordo con Sky e così le partite dei Mondiali sono state trasmesse anche sul sito YouTube, strizzando l’occhiolino ai non abbonati e alla generazione social in particolare, quella che la pallamano la ritrova tante volte, senza un interesse speciale, nelle lezioni di educazione fisica a scuola. Ha vinto i Mondiali? No, ma ha passato per la prima volta il turno. A generazioni di ragazze e ragazzi che giocano in tutta Italia, neanche 20 mila tesserati, ma in crescita costante (federazione al trentaquattresimo posto per contributi ricevuti), ha però dato l’orgoglio e non più la vergogna di essere in pratica da sempre #derisultatizzati. Ragazze e ragazzi abituati a dire che la loro squadra preferita è la Juve, l’Inter, il Milan, il Napoli, la Roma adesso potranno finalmente dire che tifano per il Merano o per il Fasano, che tifano in primis per la pallamano, e potranno fregarsene di non avere una riga sul giornale sportivo più letto. Si daranno appuntamento sui social e su YouTube, magari trovando amici in Erasmus grazie alla pallamano. La Nazionale di Trillini ha allargato l’orizzonte.
Per dire: ai Giochi di Parigi, il basket, con LeBron James, Steph Curry e Kevin Durant, e la nazionale di casa, ha giocato la prima fase delle Olimpiadi a Lille, in un impianto da 20 mila posti e oltre; poi per la finale, noblesse oblige, si è spostato a Parigi, in un impianto da 15 mila posti. Dove prima c’era la pallamano che invece, per le finali, essendo una disciplina top in Francia, si è spostata proprio a Lille, per vedere Danimarca e Germania giocarsi la finale, con i danesi oro e tanto magone per l’ultima deludente recita dell’idolo di casa Karabatic. Adesso l’Italia è cittadina di questo mondo, non è più una sconosciuta, può persino sognare i Giochi.
Ecco cosa vuol dire essere #derisultatizzati. Il 23 gennaio 2025 è il primo giorno che ci permette di spiegare fino in fondo cosa vuole rappresentare e raccontare Quarto Posto: il bello dello sport, quel bello che è ancora più facile da scoprire e da riscoprire ogni volta se ci si ribella alla schiavitù del risultato. Sì, si può festeggiare un’eliminazione, e si può fare festa, come una vera liberazione, per una sconfitta con la Germania dopo aver finalmente realizzato il sogno di battere ai Mondiali Tunisia e Algeria. C’è tutto un mondo intorno, che gira ogni giorno, e che fermare non potrai. Cit.