Crazy for Football fino in Giappone: salute mentale al centro del campo
reportage di SANTO RULLO
Una società inclusiva attraverso il calcio: dal Giappone con furore
Si è svolta la scorsa settimana ad Osaka in Giappone la Dream Asia Cup, primo campionato continentale di futsal per la salute mentale.
Hanno partercipato, oltre ai padroni di casa, la Repubblica di Corea, Taiwan e una rappresentativa mista di giocatori delle tre nazioni denominata Asia United Team, a completare il quadrangolare.
Un mix di partite altamente competitive e di amichevoli all’insegna del calcio come strumento di integrazione sociale, di trattamento e di riabilitazione dei disturbi psichiatrici e delle condizioni legate alla salute mentale.
La Dream Asia Cup segue di pochi mesi la Dream Euro Cup, “not for profit event” della Commissione Europea tenutasi a Roma durante la European Sport Week.
Il movimento del calcio per la salute mentale, ormai denominato “Crazy for Football” dal titolo dell’omonimo documentario vincitore del Premio David di Donatello del 2017, si arricchisce di altri componenti del continente Asiatico che hanno aderito all’International Football Commeettee on Mental Health, che consta di altri 14 paesi europei, 3 paesi del Sud America ed 1 africano.
Nel corso del torneo si è svolto un Simposio Internazionale sul tema sport e salute mentale, con la partecipazione dei paesi presenti, di un rappresentante di Macao e del sottoscritto, attualmente chairman del Comitato Internazionale. Oltre a ribadire l’importanza dello sport ed in particolare del calcio nei programmi di prevenzione, trattamento e riabilitazione delle condizioni di salute mentale, i relatori hanno fornito una fotografia dello stato dell’assistenza psichiatrica nei loro paesi e delle opportunità operative fornite dalle organizzazioni sportive.
Alcune affinità sono emerse tra l’esperienza del Giappone e quella italiana, affinità figlie della lunga storia di amicizia e collaborazione tra gli operatori dei due paesi, iniziata nel 2009 con una visita della Professoressa Nobuko Tanaka Ibino in Italia per conoscere la realtà degli Enti di Promozione Sportiva che nei loro programmi inclusivi di “sport per tutti” inserivano persone con patologia psichiatrica. L’obiettivo della professoressa, Sociologa dello Sport della Toin University of Yokohama, era quello di usare il calcio nel proprio paese come grimaldello per aprire un sistema sanitario allora molto chiuso e stigmatizzante. Storia proseguita nel 2011, anno nel quale alcuni professionisti della salute mentale e tecnici dello sport accompagnavano una prima rappresentativa di pazienti giapponesi a Roma per confrontarsi sul loro percorso appena iniziato. Ma dal momento che i giapponesi sono giapponesi dopo solo 5 anni si sviluppavano nella terra del Sol Levante più di 150 squadre di futsal e si organizzava il primo campionato mondiale della categoria ad Osaka.
Nel simposio della scorsa settimana il modello giapponese è stato presentato dal presidente della JSFA (Associazione Giapponese di Calcio Sociale) Takeshi Sassa: un’associazione di calcio per la salute mentale membro della JIFF (Federazione Giapponese di Calcio Inclusivo) affiliata alla JFA (Federazione Giapponese di Calcio) (Fig.1). All’interno della JIFF trovano spazio le opportunità di proporre calcio a diversi tipi di disabilità: non vedenti (Japan Blind Football Association), disabilità intellettiva (Japan Football Federation for Persons with Intellectual Disability), non udenti (Japan Deaf Football Association), amputati (Japan Amputee Football Association) e persone in sedia a rotelle (Japan Powerchair Football Association). Per descrivere le politiche inclusive della Federazione Calcio Giapponese è interventuto il presidente della JIFF, Tsuyoshi Kitazawa, ex calciatore degli anni 90, vincitore della Coppa d’Asia nel 1992 e capocannoniere del campionato nazionale nella stagione 1990-91. La Federazione di calcio inclusivo Giapponese è stata fondata 9 anni fa. Da quest’anno il sogno a lungo coltivato da tutti coloro che sono coinvolti nel calcio per disabili si è avverato: le squadre nazionali di calcio per disabili hanno iniziato a indossare in successione le divise ufficiali della nazionale di calcio giapponese della JFA. In occasione della Giornata mondiale della paralisi cerebrale del 6 ottobre e della Giornata mondiale della salute mentale del 10 ottobre, la Feredazione Giapponese di calcio inclusivo ha organizzato attività di sensibilizzazione nell’ambito delle “Settimane di promozione inclusiva” per ampliare l’accesso e creare maggiori opportunità per le persone con disabilità di vivere il calcio.
Perché accennavo alle analogie con la realtà italiana? Perché anche la FIGC ha istituito nel 2019 la Divisione di Calcio Paralimpico e Sperimentale (DPCS) che ha come obiettivo la massima diffusione possibile della pratica del gioco del calcio per persone con disabilità e, per questa finalità, organizza competizioni di calcio a 7 a livello regionale, strutturate in più categorie, con finali nazionali. Oltre questa competizione, un esempio di “Pan disability football”, la DPCS ha un protocollo di intesa con il CIP per le attività paralimpiche, un accordo di condivisione di esperienze con Special Olympics per giocatori con disabilità intelletiva, un accordo per il sostegno e l’attività della squadra “Crazy for Football” per la salute mentale, e una collaborazione con la FISPES (Federazione Italiana Sport Paralimpici e Sperimentali) per il supporto e lo sviluppo dei campionati per Amputati e Celebrolesi.
Tornando alla specificità delle attività a supporto della salute mentale il Comitato Internazionale ha sostenuto l’importanza di mantenere ampi i criteri di eligibility per la partecipazione alle manifestazioni sportive agonistiche proprio per la grande variabilità esistente tra i diversi paesi in termini di strumenti terapeutici messi in campo. Ad esempio il rappresentante della Repubblica di Corea ha espresso la grande difficoltà di portare il calcio all’interno di istituzioni psichiatriche molto chiuse e quello di Taiwan la difficoltà di abbattere lo stigma della malattia mentale nelle fasce di età più giovani. Da queste notazioni si è rinforzato il concetto di includere nei campionati tutte le condizioni legate alla salute mentale: il disagio invalidante, i disturbi psichiatrici diagnosticati e trattati, la disabilità psicosociale ossia quella limitazione grande o meno derivante dai disturbi psicologici e psichiatrici funzionali.
In conclusione il risultato di questa Dream Asia Cup, e oggi conta il risultato anche in questa rivista, è l’impegno di importanti istituzioni del calcio per consentire l’accesso ai valori dello sport alle persone con disabilità e a quelle con condizioni di salute mentale.
Quale il prossimo sogno? Una nuova edizione della Dream World Cup organizzata dalla FIFA… siamo crazy for football, perché non sognare cose folli?