Tutto molto brutto: addio a BRUNO PIZZUL, l’eccezionale che riusciva a essere normale
di STEFANO RAVAGLIA
Come Alberto Sordi, come Sandra Mondaini, come Raimondo Vianello, ma anche come Fabrizio Frizzi: quante dipartite nell’ultimo ventennio che hanno fatto sentire soli gli italiani, perché non si sa come mai ma ogni tanto risbuca fuori quel senso di smarrimento quando a morire sono figure che erano lontani anni luce da noi, eppure le sentivamo così vicine tramite uno schermo. Potere e miracoli della tv, e lo stesso dicasi di Bruno Pizzul, che al contrario si vedeva poco e si sentiva molto: un timbro di voce inconfondibile, una cadenza unica, un passo felpato eppure così imponente. Per spiegarlo, prima del fatto sportivo, citiamo… Lucio Dalla. Nato il 4 marzo, morto il 1° marzo, stesso mese in cui anche Bruno ha compiuto la sua traiettoria di vita: nato a Udine il giorno 8 del 1938 e andatosene poche ore prima di compiere 87 anni. Perché questo accostamento? “L’impresa eccezionale è essere normale”, cantava Dalla. E oggi, questa appare davvero una impresa, in un momento in cui bisogna apparire più di essere, enfatizzare invece che attenersi ai fatti e urlare più che raccontare.
Bruno Pizzul era figlio di un’altra epoca: era stato calciatore, con scarso successo per colpa di un ginocchio malandrino, aveva vinto un concorso per telecronisti e nel 1970 aveva commentato la sua prima partita, uno Juventus-Bologna di Coppa Italia a Como: dopo due 0-0, le due squadre si affrontavano in uno spareggio in campo neutro l’8 aprile per la sfida decisiva. La vinse il Bologna (1-0 firmato da Perani) e Pizzul arrivò con quindici minuti di ritardo. Ma siccome tutto sarebbe andato in onda in differita, ebbe la possibilità di rimediare a quel quarto d’ora mancato. La nazionale, le coppe europee, l’Heysel, d’accordo: ma anche quell’ultima telecronaca a beneficio della gente, nel luglio 2021, in una piazza di Cormons per la finale degli Europei tra Italia e Inghilterra. Già, l’Heysel: “Scusate ma le informazioni che arrivano sono frammentarie”, la frase che più mi è rimasta impressa riascoltando minuto per minuto tutta la sua cronaca di quella sera. Oggi invece, con le informazioni frammentarie si fa uno scoop. Pensate com’è cambiato il mondo. “Commenterò la partita nel modo più asettico possibile”, dirà durante la cronaca, salvo poi lasciarsi più andare quando la Juventus vincerà 1-0 al fischio finale di una serata tragica.
“Tutto molto bello” diceva quando si dipanava sul campo una trama di gioco elegante, forse il suo marchio di fabbrica. Tutto molto brutto diciamo noi oggi, che non potremo più sentire la sua voce dal vivo o vedere il suo enorme figurone con quel faccione pieno di candida dolcezza e bontà a dispetto della stazza. “Telecronaca di Bruno Pizzul” è una sovraimpressione che ci ha accompagnato per anni: a chi scrive, bambino e adolescente quando lui commentava (avevo 17 anni quando Italia-Slovenia 0-1 a Trieste, nel suo Friuli, fu l’ultima sua telecronaca di una partita della Nazionale), torna alla mente quel “eccezionale prodezza, ci lascia veramente di stucco” quando Savicevic segnò il terzo gol al Barcellona nella finale del 1994, quella in cui, citando ancora Pizzul, “Cruijff ha perso molta della sua baldanza della vigilia”: l’allenatore olandese dei catalani si sentiva già con la Coppa in mano prima della gara. O anche quel “Roberto” e basta, quando la palla passava dalle parti di Baggio.
Era tifoso, certo, si augurava la vittoria delle italiane nelle coppe europee così come una grande vittoria della Nazionale, ma lo faceva con un calore e un carisma genuini e lontanissimi dal sensazionalismo urlato di chi è venuto dopo. In molti lo avranno avuto come modello, ma nessuno, purtroppo, ha saputo conservarne lo stile a dispetto dei tempi che cambiano. E a proposito di Nazionale e di Baggio, non esagero se dico che sarebbe dovuto essere lui a commentare il quarto Mondiale italiano. Lui che ha preso il testimone da Martellini e lo ha ceduto a Caressa. Ovvero 1982 e 2006. In mezzo tanto Pizzul, seppur senza un successo sul campo che avrebbe meritato essere raccontato dalla sua voce. Una beffa, che non può però scalfire il monumento che è stato. “Abbiamo ancora una tenue speranza”, disse poco prima che Baggio calciasse quel rigore. Noi oggi di speranze non ne abbiamo più. Grazie, Bruno.