Bruno Molea: “Chiediamo alla politica di fare un altro passo in avanti. La formazione dei genitori aspetto fondamentale per i nostri giovani”
di FRANCESCO MAFERA
Dopo la sua riconferma alla guida dell’Associazione Italiana Cultura Sport (AICS) all’incontro “Costruiamo Comunità” del diciannovesimo congresso elettivo, svoltosi al CONI alla presenza del Presidente Giovanni Malagò e del Presidente di Sport e Salute Marco Mezzaroma, Bruno Molea ribadisce il suo impegno per lo sport di base e inclusivo. In un contesto di grandi cambiamenti normativi in cui viene richiesta una sempre più rinnovata attenzione istituzionale, Molea sottolinea la necessità di avere un sostegno per garantire una buona continuità del mondo sportivo ed un programma che lo renda davvero accessibile a tutti. Lo abbiamo intervistato per approfondire il futuro dello sport dilettantistico in Italia, le sfide che attendono AICS e il ruolo di supporto delle istituzioni alle associazioni sportive.
Quali saranno le sue priorità per questo nuovo mandato?
“La priorità di questo mandato è il consolidamento degli ottimi risultati raggiunti fino a qui, affinchè l’associazione arrivi pronta alle nuove sfide. Un altro obiettivo è quello di gestire le novità che comunque continuano ad arrivare, non ultima la lettera che ha, per esempio, finalmente detto che gli interventi in favore del terzo settore non sono aiuti di stato, ma sono di fatto interventi finalizzati a mettere in condizione questo ambito di essere operativo e di poter dare il giusto contributo alla società civile. Da parte della Comunità Europea questo è un grande riconoscimento e per noi un grande risultato che certifica il valore di un modello che è unico in Europa. L’associazione potrà così chiudere la vicenda della riforma del terzo settore, cercando di operare al meglio all’interno di questo. Sul piano sportivo, essendoci la modifica della legge sullo sport, il punto all’ordine del giorno è quello che ha portato al netto appesantimento del lavoro dei nostri comitati provinciali e delle nostre società sportive. Ci corre l’obbligo di stargli a fianco e di dare una mano, mettendo in campo tutte le condizioni affinchè la riforma possa essere a pieno interpretata. Su questo ci batteremo in modo tale che lo Stato possa comunque apportare ulteriori modifiche alla legge sullo sport. Dei cambiamenti che tengano conto anche delle necessità delle società sportive, i problemi che stanno vivendo. Questo al fine di rendergli la vita un po’ meno difficile”.
Quindi, come aveva detto anche nel suo intervento al congresso e al quale hanno fatto da eco anche il Presidente del CONI Malagò e il Presidente di Sport e Salute Mezzaroma, vi aspettate molto dal Governo in termini di sostegno allo sport di base…
“Quello che ci aspettiamo è che il governo prenda atto che, nonostante siano giustissime tanto la riforma dello sport quanto il riconoscimento del lavoro sportivo, ciò ha comportato degli oneri alle società. E quindi noi chiediamo che venga fatto il necessario affinchè tali oneri possano in qualche modo essere ammortizzati. Aiutare le società sportive di base vuol dire fare in modo che quel processo di costruzione di valore attraverso la promozione dello sport nei confronti dei giovani, non si interrompa. Perché questo è un elemento fondante. Lo sport oggi, quello di base in modo particolare, riveste una importanza capitale. Da un punto di vista educativo e formativo per i giovani. Questo è un qualcosa che non si deve interrompere. Va supportato, va aiutato perché alla fine ciò permetterà di avere in futuro dei giovani più tolleranti, più aperti, più uniti. Quindi, a tutto tondo, il lavoro dei settori sportivi di base è proprio un lavoro di tipo “sociale”.
Negli ultimi anni abbiamo assistito a diverse riforme normative nel settore sportivo. Ma cosa serve per garantire inclusione e accessibilità nello sport che sono due dei cardini per quanto riguarda, appunto, il sociale?
“Partiamo da un presupposto che è più facile da dirsi, più difficile da realizzarsi: se tutti quanti lavoriamo insieme nella direzione di una offerta di prodotti più inclusivi, condizioni di migliore accessibilità alle strutture sportive, si attiva inevitabilmente quel processo di inclusione che, alla fine, caratterizza proprio l’agire quotidiano dell’associazione. Questi due che ha citato sono chiaramente due concetti che camminano di pari passo e funzionali l’uno all’altro per lo sviluppo di un processo sempre più orientato all’inclusività per i cittadini di questo paese. Quindi non più cittadini di Serie A e di Serie B, bensì cittadini e basta”.
Quindi, direttamente o indirettamente, stiamo comunque parlando anche di sinergia con i progetti che riguardano l’impiantistica, ad esempio…
“Certo. E’ tutto collegato. La rete deve riguardare interventi all’impiantistica sportiva e non soltanto per la modernizzazione e la fruibilità strutturale ma anche l’accessibilità. E la stragrande maggioranza degli impianti sportivi oggi non è accessibile. O almeno non per tutti è così…”
Adesso, mi preme farle una domanda che a noi di Quarto Posto News sta molto a cuore vista la vocazione del quotidiano e dei progetti che vi gravitano attorno. Anche perché lei è un interlocutore perfetto in questo senso: come si può pensare fattivamente ad un rafforzamento della cultura sportiva a livello genitoriale nel concepire la competitività dei figli in maniera sana? Ci sono già dei progetti in questo senso visto che comunque AICS promuove lo sport proprio a partire da una prospettiva che riguarda la cultura e il sociale? Dunque, le chiedo come si può potenziare questo approccio..
“Io ho sempre ribadito che, prendendo soprattutto il calcio come esempio, prima di educare i figli bisogna educare i genitori. Sono spesso i primi tifosi scalmanati a bordo campo dei propri figli e, così facendo, peccano nel ruolo di educatori perché si lasciano trasportare da atteggiamenti poco edificanti e che poco si addicono a chi dovrebbe avere il ruolo di educare i più giovani. Andrebbero sempre fatte delle campagne di sensibilizzazione per i genitori, affinchè possa crescere in loro la consapevolezza che anche ai bordi di un campo si è innanzitutto educatori e soltanto dopo dei tifosi. Questa eviterebbe tutta una serie di incresciosi incidenti e di brutte manifestazioni che non hanno niente a che vedere con la bellezza dello sport giovanile e dello sport in quanto elemento di divertimento. In questo caso occorre però un’azione consapevole non soltanto delle associazioni di cultura sportiva, ma anche delle istituzioni e delle grandi società che sono le prime responsabili del comportamento poco corretto dei genitori. Bisognerebbe ricordarsi di essere un po’ meno tifosi dei propri figli e un po’ più i loro genitori. Aiutandoli, attraverso la bellezza dello sport, a crescere in un ambiente sano, senza istigare alla violenza, come purtroppo, invece, spesso accade in alcuni contesti, laddove si è scesi a dei livelli di esasperazione poco consoni al godimento dello spettacolo sportivo. A mio avviso, il ripristino o la crescita di una cultura sportiva può avvenire soltanto attraverso una azione forte nei confronti dei genitori. Un’altra componente negativa è la mancanza di rispetto nei confronti degli allenatori e delle loro decisioni. Se si sceglie di tenere un ragazzo in panchina, in quel momento l’allenatore gli sta trasmettendo un insegnamento. E avere un genitore, la vicino, che svaluta il comportamento del coach, significa non aiutare il proprio figlio a comprendere la differenza nella responsabilità dei ruoli”.