Road to LA 2028: lo squash fa il debutto a cinque cerchi
di MARTA MULÉ
Dici Los Angeles e pensi subito a Hollywood e agli Universal Studios, dove sono stati girati alcuni dei film più famosi della storia del cinema. Gli organizzatori di Los Angeles 2028 non hanno perso l’occasione per approfittare di una location così iconica e hanno deciso di organizzare proprio lì le gare di squash, uno degli sport che farà il suo debutto nel programma olimpico.
Le regole di questo sport sono semplici: si gioca uno contro uno e i giocatori hanno una racchetta con cui devono colpire in maniera alternata una pallina di gomma rilanciandola sulla parete davanti a loro. La palla può rimbalzare sulle pareti laterali e posteriori, ma deve rimbalzare solo una volta sul pavimento. Il campo è lungo 9,75 metri e largo 6,40 metri e le pareti sono di vetro per permettere al pubblico di vedere il match. Ogni partita è al meglio dei 3 game e ogni game si vince arrivando a 11 punti.
Dopo anni di tentativi lo squash raggiungerà lo status di sport a cinque cerchi durante i Giochi americani, anche se le sue origini sono europee.
Questa disciplina, infatti, nasce agli inizi del 1800 nelle prigioni londinesi, dove i detenuti si tenevano in forma con un gioco molto simile all’attuale squash chiamato “rackets”. Intorno al 1822 alcuni studenti della Harrow School modificarono la palla usata e, a seguito del rumore che questa nuova pallina produceva sbattendo sui muri, il nome venne cambiato in “squash raquets”. Questo gioco prese piede anche in altri college in Inghilterra e si diffuse rapidamente in tutto il Paese. Da qui diventò popolare anche nei territori delle colonie (Egitto, India, Pakistan, Sud Africa, Nuova Zelanda, Australia) fino ad arrivare in Europa nel 1933 (Germania e Paesi Scandinavi) e successivamente nel Nord America (Stati Uniti e Canada).
In Italia lo squash è regolamentato dalla Figs (Federazione italiana Giuoco Squash), che dal 2007 è diventata Federazione Sportiva Nazionale riconosciuta dal Coni. Attualmente i praticanti nel nostro Paese sono circa 8200 e si trovano soprattutto nel nord Italia.
«Lo squash per storia si è sempre giocato soprattutto in Lombardia, Piemonte e Veneto, anche se il centro nel quale si organizzò la prima scuola italiana è stato il “Bologna Squash Center” nel 1976», racconta Davide Babini, direttore generale delle squadre nazionali di squash. «Negli ultimi anni c’è stato anche uno sviluppo nel sud Italia, soprattutto a Cosenza, dove c’è un ricco vivaio giovanile ed è in costruzione un impianto con cinque campi. Anche a Bari c’è un grosso impianto con sei campi e c’è un progetto di creare campi nuovi a Napoli. Il sud sta riguadagnando terreno».
Il tema dell’impiantistica è centrale perché, con l’unica eccezione del centro federale di Riccione, che è di proprietà della Figs ed è stato costruito nel 2006, nello squash in Italia non esiste impiantistica pubblica. Per questo è fondamentale il supporto dei privati e quello delle palestre, all’interno delle quali questa disciplina ha acquisito popolarità.
Il miglior risultato per l’Italia è il bronzo europeo individuale del 2008 di Manuela Manetta, mentre adesso l’atleta azzurra di punta è Cristina Tartarone, n°118 del ranking internazionale. Ha 23 anni ed è di Cosenza ed è stata inserita nel gruppo di atleti seguiti dalla preparazione olimpica del Coni in vista di Los Angeles 2028: con lei ci sono anche Beatrice Filippi, 16 anni di Trento, Lorenzo Staurengo, 19 anni di Trissino (VI) e Omar Masoud, 18 anni di Rozzano (MI). Sono atleti molto giovani perché il movimento, anche in vista dell’appuntamento olimpico, si è notevolmente ringiovanito, sia in Italia che a livello internazionale.
Al mondo i praticanti di squash sono circa 2 milioni ed esistono 146 federazioni internazionali in tutti i continenti. Il Paese più forte in questo momento è l’Egitto, che ha conquistato spazi enormi nelle classifiche internazionali e domina sia al maschile che al femminile. Poi storicamente c’è la Gran Bretagna, ma anche gli Stati Uniti stanno prendendo un posto importante in questo sport grazie alla grande disponibilità di atleti e di campi.
«In ambito federale la notizia che lo squash entrerà nel programma olimpico è stata accolta con grande entusiasmo, perché arriva dopo vent’anni in cui abbiamo sfiorato questo risultato, ma senza mai concretizzarlo, neanche in circostanze più favorevoli come nel 2012 quando i Giochi si tennero a Londra, nella patria dello squash», spiega Babini. «Questa inclusione è stata inaspettata, ma ne siamo davvero felici perché la vetrina olimpica può dare a questa disciplina l’attenzione che merita perché lo squash ha tutto quello che serve per essere sport olimpico. Adesso per noi ci saranno anche più responsabilità: bisognerà impegnarsi perché l’obiettivo è alto, ma stiamo lavorando col Coni per giocarci tutte le carte possibili per la qualificazione. Per i nostri atleti è una grande occasione, ma ci sono obiettivi non legati soltanto al loro rendimento, ma anche alla visibilità».
La Figs per aumentare il numero di praticanti e per fare conoscere lo squash ai più giovani sta portando avanti il progetto di promozione scolastica “Scuola squash”, rivolto a studenti di scuola primaria e secondaria di primo e di secondo grado. «Durante le ore curriculari andiamo coi nostri tecnici nelle scuole e simuliamo una partita insegnando ai ragazzi le regole del gioco, poi chi è interessato può contattarci e andare a provare a giocare nelle società più vicine. A livello di agonisti in questo momento abbiamo un cambio di tendenza e una prevalenza di juniores rispetto ai seniores: sicuramente un bel segnale per il futuro di questa disciplina».
A Los Angeles 2028 ci sarà un torneo maschile e uno femminile di squash ai quali parteciperanno 16 atleti per genere e a fine anno verranno resi noti i criteri per la qualificazione. «Anche nella malaugurata ipotesi che non dovessimo centrare il pass olimpico sarebbe comunque un momento di grande crescita, quindi cerchiamo di prendere tutto il buono che arriva da questo primo quadriennio, poi lavoreremo anche per arrivare a Brisbane 2032».