“La sua intuizione, la nostra missione”: Giampaolo Mattei di Athletica Vaticana racconta Papa Francesco e lo Sport
INTERVISTA ESCLUSIVA AL NUMERO UNO DELLO SPORT IN VATICANO
Di ALESSANDRO CRISAFULLI
CITTA’ DEL VATICANO – “Siamo la peggiore polisportiva della Terra, questo è certo, ma mettiamo in campo i valori e i messaggi di Papa Francesco, che si è sempre definito il nostro Allenatore del Cuore…”.
Giampaolo Mattei è il Presidente di Athletica Vaticana, l’unica organizzazione polisportiva ufficiale dello Stato della Città del Vaticano, che racchiude in sé sia le caratteristiche di club sportivo, sia quelle proprie di un Comitato, che governa tante micro-federazioni. Un “esercito della pace” formato da più di 500 donne e uomini che praticano atletica, ciclismo, cricket, padel, taekwondo, scherma, basket, rugby, equitazione, canottaggio, in competizioni locali ma anche nelle grandi manifestazioni internazionali. Una pura intuizione di Papa Francesco – la cui passione per lo sport era nota a tutti – datata 2018.
“Fino ad allora c’era solo la partecipazione a qualche evento sportivo, per lo più a sfondo benefico – racconta Mattei, che guida un Consiglio direttivo di 12 persone -. Francesco ha introdotto la parola “sport” nella nuova Costituzione apostolica affidando il settore al Dicastero per la cultura e l’educazione e costituendo giuridicamente Athletica Vaticana come organismo ufficiale della Santa Sede. Una vera e propria svolta, che ci ha permesso di siglare una serie di Protocolli con il Coni, il Cip e varie Federazioni e partecipare agli eventi internazionali come ogni altro Stato”.
Chi sono gli atleti di Athletica Vaticana?
“Ne fanno parte cittadini vaticani, dipendenti vaticani e di organismi collegati alla Santa Sede e i loro familiari diretti. Abbiamo anche una squadra di cricket molto particolare, formata da sacerdoti e seminaristi provenienti dall’India, dall’Australia e altri Paesi dove è uno sport molto diffuso, che ha già giocato contro le squadre della Regina Elisabetta e di Re Carlo, come contro la selezione del Parlamento Britannico. Abbiamo anche un piccolo team Paralimpico”.
Con quali obiettivi è nata l’Associazione?
“L’idea del Pontefice era chiara: fare dello sport un mezzo di solidarietà, inclusione, integrazione, fraternità e pace, sia a livello amatoriale che professionistico. Con umiltà e senza il problema, per noi, di fare tesseramenti, quindi è tutto gratis, né di vincere medaglie a tutti i costi, anche se ci alleniamo per dare sempre il meglio. Lui ci disse chiaramente che l’obiettivo è fare dei tratti di strada insieme, con le donne e gli uomini di sport, di qualsiasi paese, cultura, religione. Comprese le persone con disabilità: per lui lo sport era un modo anche per cambiare la percezione della disabilità”.
Quali sono gli eventi e le attività principali svolte in questi anni?
“Ne citerei tre. Abbiamo partecipato ai Giochi del Mediterraneo in Algeria, prima dei quali il Papa inviò uno splendido messaggio. Molti dei 26 Paesi partecipanti erano pienamente musulmani eppure accettarono in maniera fraterna la nostra presenza. Bellissima, in quel caso, la prestazione della nostra Sara Carnicelli, che arrivò nella top 10 nella mezza maratona. Poi la partecipazione ai Campionati dei Piccoli Stati d’Europa, con Cipro, Albania, Malta, Macedonia, San Marino, in cui abbiamo centrato un paio di podi. Infine il Padel Autistic Tour in 15 circoli di Roma dove facciamo giocare 20 ragazzi autistici coinvolgendo famigliari, maestri, tesserati dei circoli in giornate di sport, festa e condivisione”.
Qual è stato il ruolo del Pontefice? Quali i suoi input e indirizzi?
“Ha fatto tanto e con continuità. I suoi discorsi. Le volte che ha incontrato gli atleti. L’udienza per i cinque anni di Athletica Vaticana. La sua prefazione al libro Giochi di Pace, che contiene la sua visione dello sport. Le volte che ha parlato di noi e di sport durante l’Angelus, quelle che ci ha incoraggiato. Lui ha detto di sentirsi il nostro Allenatore del Cuore e per noi non è tanto una medaglia sul petto, quanto una grande responsabilità”.
Come ha accolto la notizia della sua scomparsa? Qual è stata la prima reazione?
“Di dolore, certamente. Ma mi ha molto toccato anche il fatto che l’ultima omelia, preparata per il giorno di Pasqua, l’abbia dedicata in qualche modo alla corsa. Al messaggio di correre insieme, con tutti, che è un po’ il nostro motto, senza lasciare indietro nessuno e con fair play spirituale”.
Farete qualche iniziativa in suo ricordo?
“Sì, in maniera umile e semplice, come ci contraddistingue. Lunedi andremo qui a Roma, dove per il Giubileo è esposto il quadro di Eugène Burnand ‘I discepoli Pietro e Giovanni corrono insieme al sepolcro di Cristo il mattino della Resurrezione’ e pregheremo insieme per lui”.
Cosa rappresentava per lui, invece, la “Pelota del trapo” portata anche al recente Sportcity Meeting di Assisi su idea del presidente Fabio Pagliara?
“La palla di stracci, che ha firmato, rappresenta la sua visione dello sport. Lui ce l’ha consegnata quando abbiamo inaugurato la nostra sede operativa, insieme a un crocifisso. E’ la palla con cui giocano i bambini che non hanno niente, in mezzo alla strada, quella con cui anche lui giocava da piccolo. Rappresenta la gioia infantile, pura, dello sport, la passione che deve guidare sempre ogni sportivo, a qualsiasi livello, senza farsi travolgere, e stravolgere, dalla vittoria a tutti i costi, dal denaro o dal doping. E’ l’amore per lo sport che deve vincere sempre”.
Adesso come prosegue l’attività? Quali progetti avete in cantiere e porterete avanti, anche in suo nome e ricordo?
“Progetti ne abbiamo tanti e continueremo con grande forza. Il più importante in arrivo, che ci vedrà protagonisti, è il Giubileo dello Sport, il 14 e 15 giugno. In cui tanti atleti, campioni, ma anche bambini e ragazzi, cammineranno insieme verso la Porta Santa di San Pietro”.