Il derby di Milano visto come da un carro bestiame? Ecco il racconto
di STEFANO RAVAGLIA
Che il derby di Milano dal punto di vista della correttezza e dell’ordine pubblico non desti le preoccupazioni di quello di Roma (come accaduto anche in occasione dell’ultima sfida tra Roma e Lazio con scontri tra tifosi e polizia) è un fatto assodato. Ma in questo pezzo non parlerò né di scontri, né di arresti né farò quella filosofia spicciola che da sempre accompagna il mondo del tifo da parte, e faccio mea culpa per la categoria, soprattutto della stampa, la quale ha di default invisi gli ultras e le curve sin dalla loro nascita alla fine degli anni Sessanta.
No, qui si parlerà solo di semplicità di accesso agli stadi, di procedure da snellire, di ordine e non di caos: tutte cose che nel derby di Coppa Italia stravinto dal Milan il 23 aprile, non si sono viste. Naturalmente strabuzzerete gli occhi: ma come, ci sono stati forse feriti? Morti? Danni gravi a cose? No, nulla di tutto ciò. Viene da chiedersi perché nei progetti di stadi nuovi (tutti ancora da mettere in piedi, in pieno stile italiano, naturalmente) si parli solo di posti confortevoli, spazi aperti alle famiglie (voglio vedere, con i prezzi che ci saranno e che già ci sono), impianti aperti 7 giorni su 7. Nessuno tocca mai invece il tema degli ingressi da carro bestiame, cosa puntualmente verificatasi anche in occasione di Inter-Milan.
Vi racconto il mio mercoledì sera da tifoso e non da giornalista in tribuna stampa: arrivato nei pressi di San Siro (premetto, sono un frequentatore assiduo da tanti anni) intorno alle 19.15, con regolare biglietto per il secondo anello blu caricato nella tessera del Milan, mi accingo a avvicinarmi alla zona di prefiltraggio presidiata dagli Stewart. Che ovviamente non vedo: la calca è talmente tanta che non si capisce quali siano le entrate. A San Siro, e non solo, funziona così: ingressi scavati tra le transenne, larghi meno di un metro, in cui devi pure mostrare documento e carta Cuore Rossonero (che sarebbe già un documento di per sé, dato che ci sono scritti i dati anagrafici, ma continuano da anni a non capirlo) mentre fai il contorsionista da circo per provare a superare quelle transenne. Ma stavolta oltre agli Stewart c’è una sorpresa: quei minuscoli ingressi sono presidiati anche da due agenti della polizia in assetto anti sommossa. Avranno scambiato il derby di Milano per quello di Belgrado?
Nel frattempo, tutta la gente ammassata, perché non ci sono corridoi di ingresso delimitati da ringhiere o cordoni rimovibili, come in un mondo normale si dovrebbe fare, si accalca l’uno sull’altro con i rischi del caso. La folla ondeggia, si comprime e io non riesco quasi a muovere le braccia, sentendo una continua pressione alle mie spalle. E’ così che è accaduto nel 1989 a Sheffield, Hillsborough, Liverpool-Forest di FA Cup. Con conseguenze tragiche. Nella calca un tifoso praticamente appiccicato a me dice: “Vorrei vedere se pure in Inghilterra è così…”. Sfrutto l’assist: “No”, gli dico, “vado in Inghilterra ogni anno a vedere partite. Non esiste controllo dei documenti, non esiste prefiltraggio, non esiste calca e praticamente nemmeno perquisizioni. Si entra e basta”. Tanto se fai qualcosa, pure minima, allo stadio non metti più piede.
Insomma riesco finalmente a passare ma non è finita: schieramento imponente di nuovi Stewart per i controlli del caso, con ulteriori agenti in assetto da guerra. Tutto a San Siro è piccolo e stretto, tornelli (ma quello dovunque), spazi per passare tra uno Stewart e l’altro senza parlare del parcheggio selvaggio all’esterno. Macchine dovunque, vigili impotenti, anche quando si tratterebbe di evitare uno stop al traffico imposto da due o tre tifosi, che praticamente si sostituiscono ai vigili urbani. Nel frattempo, un paio di agenti della polizia locale se ne stanno lì, a braccia conserte, appoggiati alla loro auto a guardare senza agire. Scene da giungla. Tutto è selvaggio e disordinato, disorganizzato come in pieno stampo italiano. Inutile poi prendersela con gli stereotipi. Torno alla domanda iniziale: se all’interno gli stadi nuovi saranno fantastici, moderni e luccicanti, fuori cosa accadrà, se andiamo avanti così?