“1.14” – An Alberto Tomba Story”: Icona umana condannato a Vincere
di MARTA MULE’
Nello sport non è semplice perdere e accettare le sconfitte, ma a volte non è facile neanche vincere. Lo ha raccontato Alberto Tomba nel documentario “1.14″ – An Alberto Tomba story”, prodotto da Napapijri e con la regia di Luca Gasperoni. Un lavoro in cui il campione di sci azzurro, capace di vincere cinque medaglie olimpiche, due Mondiali, una Coppa del Mondo generale e otto Coppe del Mondo di specialità, ripercorre alcuni momenti della sua carriera fino alla scelta del ritiro. Le immagini sono girate nella sua casa, colma di cimeli, coppe e medaglie, con tutti i pettorali indossati in gara: da quelli di quando era un bambino e cominciava a sciare sugli Appennini, fino a quelle delle competizioni che lo hanno reso uno degli atleti più iconici e più vincenti della storia dello sport italiano.
Il titolo del documentario nasce dal distacco che il campione azzurro ha accumulato dopo la prima manche dei Giochi Olimpici di Calgary 1988 nello slalom gigante, dove poi vinse la medaglia d’oro. Un tempo che, in questo caso, diventa simbolo della distanza insormontabile tra un’icona e i suoi contemporanei, ma soprattutto tra il personaggio pubblico e l’individuo privato. Napapijri ha voluto raccontare questa storia perché si intreccia a quella del brand: nel 1987, mentre il marchio nasceva in Valle d’Aosta, Alberto Tomba conquistava la sua prima vittoria in Coppa del Mondo nello slalom speciale a Sestriere, dando il via a una serie di successi che, al termine della carriera, saranno ben 50.
Le immagini della vittoria nello slalom speciale ai Giochi Olimpici di Calgary 1988, infatti, si alternano a quelle delle colline bolognesi, dove oggi Tomba vive tra la natura e la passione per il vino. E non può mancare una visita al “Tombaland”, la sede del suo fanclub ufficiale, dove a fare da cicerone c’è Loris Righi, il fondatore, che mostra orgogliosamente tutti i giornali in cui si parla di Alberto Tomba, conservati in un archivio che è un’autentica dimostrazione d’amore per un atleta che non ha avuto eguali nella storia azzurra.
Il lato più umano del campione emerge soprattutto quando Tomba ammette che, durante gli anni in cui dominava, si sentiva “condannato alla vittoria” e che quest’obbligo di primeggiare certamente non era una cosa facile da gestire. C’era da fare i conti non solo con gli avversari, ma anche con le aspettative del pubblico e degli addetti ai lavori che da lui volevano sempre e solo il massimo.
Qual è il momento giusto per dire stop a una carriera leggendaria? “Ho avuto il coraggio di dire basta dopo una vittoria”, ammette Tomba che, infatti, scelse di dare l’addio in bellezza dopo il successo nello slalom speciale nell’ultima tappa di Coppa del Mondo del 1998 a Crans-Montana, in Svizzera. Una scelta difficile, ma arrivata in un momento in cui “avevo la nausea: non tanto delle gare, ma del sistema, della pressione, dei mass media. Dovevo calmarli con le vittorie”. Una riflessione estremamente lucida, che ci restituisce l’idea di quello che spesso significa essere atleti d’élite. Un contesto in cui è difficile pensare solo alla propria prestazione e in cui diventa complicato anche mantenere quell’amore per lo sport spensierato e puro di quando non si è ancora un campione.
Dopo un periodo di allontanamento, però, torna la nostalgia e il desiderio di rimettersi al cancelletto di partenza, pur con la consapevolezza che ormai è troppo tardi. Tornano alla mente i ricordi indimenticabili delle trasferte in giro per il Mondo, dell’adrenalina, di tutte le persone incontrate nel corso degli anni, delle chiamate a casa fatte dalle cabine telefoniche. Da “1.14″ – An Alberto Tomba story” emerge il lato più privato e introspettivo di Alberto Tomba: non solo “Tomba la Bomba” col suo fare scherzoso e il forte temperamento, ma anche l’uomo introverso, che oggi è tornato nella sua terra e si dedica alle cose più semplici.