Post carriera, olimpiadi, gender gap e sogni sotto rete: “Io, Rachele Sangiuliano”
di STEFANO RAVAGLIA
Ex pallavolista, co-conduttrice nel calcio su Sky a Monday Night, in cabina di commento anche per le Olimpiadi di Parigi 2024: una chiacchierata tra sport e giornalismo insieme alla gentilezza e alla semplicità di Rachele Sangiuliano. Ve ne forniamo un estratto, l’intera chiacchierata la potete vedere in due parti sul nostro canale Youtube.
“Penso sia un privilegio raccontare il proprio sport” esordisce Rachele. “Sia nel femminile che nel maschile due squadre italiane hanno vinto la Champions League e soprattutto il movimento femminile per il secondo anno di fila hanno vinto tutte le coppe europee. L’oro olimpico testimonia che il movimento sta crescendo e se pensiamo che a livello femminile i quattro tecnici sono italiani e che sempre più le squadre straniere cerchino tecnici italiani, dimostra che punto di riferimento siamo”.
Ma il pezzo forte è stata la collaborazione con Discovery come inviata per le Olimpiadi di Parigi.
“E’ stata una delle esperienze più belle mai fatte. Discovery mi ha dato la possibilità di far parte della squadra, non solo delle partite ma anche conducendo insieme a Fabrizio Monari ‘Sveglia Parigi’, una sorta di preview della giornata e di recap del giorno prima. Una doppia emozione. E poi il fatto di essere lì comunque a seguire tutti gli sport, entrare in contatto con tutti gli atleti e vedere il tanto lavoro che c’è dietro, noi ogni giorno avevamo degli ospiti, non c’erano solo gli atleti che arrivavano con le medaglie ma anche ex atlete come la Brignone o Antonio Rossi. E’ stato fantastico. E’ un privilegio aver raccontato il primo oro femminile: ho pianto dal 21° punto del terzo set fino alla sera dopo… è stato uno sfogo di tutte le emozioni accumulate”.
E il calcio invece, tutt’altro contesto? Come ti trovi?
“Io seguo tutto. Quando ho smesso di giocare ho iniziato a lavorare con una agenzia di marketing sportivo che mi ha aperto un mondo sugli altri sport. Quando giochi resti molto dentro al tuo sport ma non conosci molto quelli degli altri, io non avevo mai fatto i Giochi olimpici, conoscevo il basket o qualche calciatore, ma poca cosa. Ho rivalutato il mio concetto di fatica, perché quando ti rapporti con gli altri pensi a rimettere tutti i tasselli a posto. Quando parli con un ciclista, o chi fa canottaggio, ci pensi. Un’altra panoramica ampia me l’ha data la Gazzetta dello Sport con il Festival dello Sport, dandomi la possibilità di moderare tantissimi talk, di altri sport diversi dal volley. E’ un modo di aprire la mente e di conoscere tante altre storie. A me piace mettermi in gioco, su un terreno minato perché ovviamente tutti parlano e sanno di calcio quindi ero abbastanza preoccupata. Non mi sentivo abbastanza competente, e allora ho studiato, soprattutto l’attualità, seppur io non posso parlare di tecnica o tattica, ma il mio punto di vista era quello di un ex atleta che sviluppa temi più trasversali. Ho avuto una squadra incredibile, da Fabio Tavelli in primis, speravo di lavorare con lui”.
Tutt’altro argomento è quello del gender gap. Rachele risponde così:
“Quando giocavo, nel modo in cui noi donne venivamo trattate c’era una differenza: come se dovessimo essere sempre spronate o pungolate, perché ‘le donne non sanno fare e non capiscono’. Oppure quando ricevevi attenzioni e magari il presidente ti chiedeva di andare a cena e non potevi rifiutare. Era tutto percepito come la normalità. Ora invece sono contento che non sia percepito come normalità, e in questo senso Velasco ha dato un indirizzo dicendo ‘come fate a dire che le donne non lo sanno fare e non sono capaci?’. C’è ancora molto da fare ma dobbiamo essere noi in primis a dire ‘noi ci possiamo stare’. A me è capitato che mi chiedessero di commentare il volley maschile, pensando di non saperlo fare. E invece ero io che mi ponevo il problema di risultare poco credibile in quanto donna. Mi sono detta, ‘Rachele ti stai boicottando da sola’”.
Infine i sogni che la aspettano: “Dopo aver co-condotto questi programmi sul calcio mi sono detta… quanto sarebbe bello se il nostro sport diventasse così popolare da avere un programma tutto suo!”