Federciclismo al voto: una lettera aperta e una manciata di sogni su due ruote
di LUCA CORSOLINI
Ciao Daniela, Daniela Isetti per chi non ha il privilegio di esserTi amico, la candidata alla presidenza della Federciclismo Daniela Isetti.
Ho già dichiarato il mio peccato di par condicio violata, volutamente e convintamente, e comunque sono protetto dal fatto che non voterò nella Vostra assemblea, e non credo proprio di poter condizionare il voto. Però Ti scrivo, e siccome sei molto lontana ( non è vero, ci vediamo spesso, adesso pure grazie a Msa e al progetto su Alfonsina Strada che Ti sei divertita e Ti diverti a guidare, sapendo che il messaggio di una atleta tanto caparbia, manifesto di una parità di genere che all’epoca ancora nessuno pensava di dover realizzare, è proprio una bella storia da portare nelle scuole ), più forte Ti scriverò.
RaccontandoTi qualche sogno che ho nel mio cassetto di non ciclista. Non so se sono sogni anche Tuoi, anni fa partecipammo insieme ai lavoro di una commissione che si era prefissa l’impresa di allargare il tesseramento della Federcilcismo ai ciclisti di tutti i giorni, sarebbe stata una operazione tale da far impallidire la …crescita oggi di tennis e padel ( col pickleball ormai pronto a far diventare il regno di Binaghi un felice triangolo ), di sicuro non ho l’aspettativa che siano capitoli della Tua candidatura.
E’ un mio modo di vedere uno sport che continua,e ci mancherebbe, a essere una parte importante del Paese, col Giro d’Italia e tutto il resto, anche se il circuito ProTour non ha squadre italiane e manca,a tutti, il piacere di tifare oltre che per qualche singolo anche per un gruppo.
Dunque, sogno numero 1. Oggi è sempre più importante vedere lo sport dove non lo vedono tutti. E il ciclismo non è solo le medaglie che vinciamo ai Giochi, le tappe più belle del Giro, il ciclismo è un’Italia quotidiana, anche oggi, specie oggi. Non siamo più al tempo di Ladri di biciclette, però la bici, pure in forma eBike, è il mezzo di trasporto classico del Paese e di alcune zone in particolare, è la prima emancipazione per bambine e bambine, è la risorsa di chi, come l’avvocato Santilli, a Roma, sfida il traffico e vince arrivando in ufficio puntuale, e più e meglio in forma di chi al lavoro ci fa rovinandosi presto la giornata in coda per il traffico. Non sarebbe bello, e pure giusto, tesserare tutti questi milioni di ciclisti per ridurre il gap, come si dice, tra il plotone in fuga, i professionisti, e il resto del gruppo, gli italiani del pedale ? Sarebbe un bell’esempio per tutti, per tutto lo sport. E lo diciamo da qui, Quarto Posto, il giornale derisultatizzato: lo sport non è solo degli sportivi, non è solo un risultato, è un’emozione anche quando non c’è una gara di mezzo, no ci sono cambi sul manubrio, e non ci sono ammiraglie al seguito e anzi per la strada Ti tocca sopportare la maleducazione crescente degli italiani al volante.
Sogno numero 2. Il ciclismo è, da qualche anno, lo sport urbano per eccellenza. A ogni ora del giorno, a Bologna addirittura durante l’alluvione, le città sono attraversate da rider impegnati a consegnare quello che non abbiamo più la pazienza di cucinare o di andare a mangiare fuori. Magari qualcuno può dire che è un effetto pure questo dello smart working. Non importa, il tema è che questi ragazzi sono ciclisti per professione. Non gli basta la bici, quale che sia. Gli servono allenamenti adatti per essere in forma, essendo l’essere in forma un requisito professionale. Gli servono lezioni sul codice della strada che non tutti conoscono. Gli serve una forma di riconoscimento sociale che può venire appunto dalla Federciclismo: tesseramento, aiuto per l’acquisto o il noleggio del mezzo, non la divisa che, anzi, potrebbe diventare il tramite per avvicinare come possibili sponsor i vari Deliveoo, Glovo, Just East. Non una sponsorizzazione in esclusiva, una squadra di partner che arriva direttamente nelle case della gente per consegnare pizze e sushi ma anche programmi di allenamento, in bici e non solo, per chi sta sempre seduto sul divano.
Sogno numero 3. Certo, ci sarebbe anche il sogni numero 4, oppure il sogno dei sogni, ovvero strade più sicure e, soprattutto, persone alla guida più rispettose dei diritti di tutti, Ma noi siamo un Paese in cui si da’la colpa di certi incidenti alla strada, o alle auto, come se l’una avesse vita propria e le altre fossero già tutte delle Tesla. Ecco il sogno numero 3. Dedicato alla sostenibilità.
E’ vero che l’elezione di Trump ha già smorzato, persino troppo, gli entusiasmi sinceri di chi pensa alla sostenibilità, ambientale e quotidiana. Però una certa forma di resistenza serve. E sarebbe bello venisse dal ciclismo, lo stesso ciclismo di Gino Bartali che salvava gli ebrei e lo negava: il bene si fa ma non si dice. Quest’anno si festeggiano i 20 anni del Mandela Forum, ovvero di una… sponsorizzazione sociale del palasport di Firenze invece della classica intitolazione di un impianto sportivo buona per le casse.
Massimo Gramigni voleva intitolare il palasport di Firenze a Bartali, ma la famiglia disse no: il bene si fa ma non si dice. E così invece del Ginettaccio partite e concerti si svolgono in una struttura dedicata a Nelson Mandela. Parentesi chiusa. IL sogno: mi piacerebbe che gli allenamenti delle squadre, tutte, per la stagione 2026 si svolgessero non solo sulle strade ma anche, e magari soprattutto, nelle piazze di città e paesi. Biciclette ferme e comunque in movimento sui rulli, tutta l’energia prodotta da ogni gruppo, misurata, raccolta, utilizzata sul posto, singolare realizzazione di quelle comunità energetiche basate sulle rinnovabili che lo sport non ha ancora capito essere la denominazione sostenibile del gioco di squadra. Facile immaginare il poster dell’iniziativa: Il ciclismo, l’energia del Paese.
Non so se diventerai presidente, Daniela: quello è il Tuo sogno. Ma è anche il nostro. Anzi, i nostri sogni…