Simboli sotto assedio: lo sport tra tradizione e cambiamento
di LUCA CORSOLINI
Lo sport è fatto di simboli che devono resistere al tempo
Lo sport è un ambiente particolare. È fatto di simboli, parole, colori che hanno, senza retorica, una loro sacralità, quanto permette allo sport stesso di essere un fenomeno mondiale come e più della musica perché in questa ci può essere il filtro di una lingua piuttosto che di un’altra mentre in gara, e non solo, il regolamento è lo stesso per tutti, ad ogni latitudine.
Sono un simbolo, ad esempio, i cinque cerchi. E’un rito che celebra quel simbolo la cerimonia di apertura dei Giochi e per questo l’apertura di Parigi, almeno la prima parte, fu così criticata l’anno scorso. Ma i simboli devono conservarne la loro forza evocatrice: possono evolversi, non possono cambiare, se non nel rispetto di una certa ortodossia.
Negli ultimi giorni due simboli dello sport, uno nazionale e uno mondiale, hanno subito un assalto.
Prima, la pallanuoto. Come tanti degli sport antichi è in cerca di un futuro. Ha traballato, l’estate scorsa, per il destino della Pro Recco che rischiava di sparire, e per la controversa, e sbagliata, decisione della nazionale italiana di protestare platealmente per una decisione degli arbitri, e poi dei giudici, ai Giochi di Parigi. Ma si parlava sempre di pallanuoto, dunque per noi italiani di Settebello, il nome della Nazionale, la prima squadra azzurra ad avere un nome suo. Nato nel 48, anno in cui l’Italia vinse l’oro a Londra, anni in cui non c’erano ancora tanti impianti e per giocare ci si adattava nelle piscine naturali garantite dal nostro territorio. Dicono che il nome nacque in treno, come risposta a un gruppo di signore che chiedevano chi fossero quei bei ragazzi chr viaggiavano con loro: Siamo quelli del Settebello risposero mentre giocavano a carte. Sette giocatori in acqua, a faticare come in pochi altri sport, fatica oltre tutto difficile da vedere e ancor più difficile da testimoniare, perché nascosta, invisibile ai più sott’acqua, al punto che adesso arriva la proposta: bisognerebbe che in vasca ci fossero solo sei atleti. Possibile ? Tanto bisogna sacrificare, il simbolo Settebello, per essere degni dell’attenzione del pubblico al tempo dei social ?
Poi, è toccato alle medaglie olimpiche. Prima le lamentele di qualche atleta salito sul podio erano state rubricate come eccezione, poi sono diventate un coro di tutti: dopo neanche un anno, le medaglia, la spremuta di quattro anni ( tre stavolta ) di allenamenti e di programmi, di speranze e di rinunce, hanno già perso lo smalto olimpico, sembrano patacche da mercatino dell’usato se non fosse per il valore intangibile che hanno. E pensare che le medaglie stavolta erano presentate in cofanetti targati Louis Vuitton…
Qual è il valore di una medaglia olimpica ?
In passato finiva in banca, come un vero gioiello, Da Vancouver 2010 sono diventate un po’meno gioiello e un po’piu’omaggio al nuovo impegno per la sostenibilità fatto proprio anche dallo sport: realizzate in materia riciclato
A Parigi devono aver esagerato un po’con la sostenibilità e c’è chi si è già fatto rifare la medaglia. In realtà la medaglia, anche arrugginita, è un simbolo potente, che resiste al tempo. E che si aggiorna. Per Parigi il Coni e il Ministero dell’Ambiente si erano accordati: una medaglia, una pianta. Da consegnare ad ogni atleta per avviare così un bosco olimpico diffuso e collettivo. Bella idea: una medaglia fatta male diventa un gioiello di valore solo emotivo, una pianta cresce, resiste negli anni, è un messaggio che sopravvive alla fine della carriera dell’atleta a cui è stata data come premio sociale.
Peccato, in chiusura, che anche quel progetto sia un po’arrugginito: non ancora avviato dopo mesi dalla fine della consegna di quelle medaglie con un pezzo di torre Eiffel dentro.