Francesca Porcellato, la “Rossa Volante” che ha scritto la storia dello sport paralimpico: “Tanta ancora la strada da fare”
di EDOARDO CASATI
Determinazione, talento e una carriera straordinaria che attraversa decenni e discipline: Francesca Porcellato è molto più di una campionessa. Soprannominata la “Rossa Volante” per la sua inconfondibile chioma e la velocità con cui ha saputo imporsi nelle competizioni internazionali, ha partecipato a ben dodici edizioni dei Giochi Paralimpici, vincendo medaglie in tre sport diversi: atletica leggera, sci di fondo e paraciclismo. Un esempio di resilienza e passione, capace di superare ogni ostacolo e di ispirare generazioni di atleti.
Sei stata protagonista in diverse discipline: come hai affrontato la sfida di passare da una all’altra?
“Nella mia carriera ho praticato tre discipline: l’atletica leggera, sci di fondo e il paraciclismo. Tutte le scelte sono state un po’ dettate dal caso… mentre facevo atletica mi è stato proposto di sciare e quando ho provato me ne sono innamorata. Dopo il passaggio allo sci per mantenermi in allenamento ho iniziato a praticare handbike passando poi al professionismo solo nel momento in cui ho dato l’addio alla neve. Il saltare da una disciplina all’altra non è stato semplice, anzi, molto complicato proprio per il dover imparare da zero la tecnica e il cambio di approccio mentale nelle tre discipline. L’inizio è stato veramente difficile e impegnativo ma alla fine mi è venuto bene. L’ottenere risultati in tutte le discipline mi ha fatto capire che i miei limiti potevano essere abbattuti nuovamente.”
Il tuo soprannome, la rossa volante, come nasce?
“La rossa volante deriva dal mio colore dei capelli e volante perché lo speaker Paolo Mutton inventò questo nomignolo per me vedendomi sfrecciare alle maratone veloce e sorridente e allora iniziò a chiamarmi la rossa volante e da lì l’ho mantenuto anche nelle altre due discipline. Mi piace tantissimo questo soprannome, sono stata una delle prime paralimpiche ad avere un nickname ed è stato bello perché voleva dire che vedevano proprio l’atleta e vedevano le gesta sportive mentre gareggiavo.”
Qual è la vittoria che ricordi con più emozione e perché?
“Nella mia carriera ho avuto tantissime vittorie, in tutte e tre le discipline e sono state davvero tutte emozionanti, ovviamente quelle olimpiche hanno un sapore diverso ma perché le Olimpiadi venendo ogni quattro anni sono veramente agognate queste medaglie. Mi hanno riempito di gioia anche gare dove non ho ricevuto una medaglia ma comunque ho superato i miei limiti, ho stupito me stessa. Ecco queste sono le vittorie che ricordo con più amore. Se devo ricordarne una è sicuramente l’oro nello sci a Vancouver nel 2010 perché è stata una scommessa, mi sono dedicata, per quattro anni, solamente a disimparare ciò che facevo nell’atletica per reimparare una nuova disciplina. Poi avevo fatto una scommessa con me stessa promettendomi che avrei imparato a sciare molto bene. Infatti a Vancouver ho lasciato lo stadio con la medaglia d’oro al collo. Anche il mondiale di handbike del 2018 a Maniago è stato fantastico, davanti alla mia famiglia, davanti alla mia gente è stato veramente molto emozionante.”
Hai partecipato a numerose Paralimpiadi. Com’è cambiato lo sport paralimpico nel corso degli anni?
“Ho partecipato a dodici giochi paralimpici tra estivi ed invernali. Lo sport paralimpico dalla mia prima paralimpiade di Seul 1988 ad oggi è veramente cambiato da essere sport amatoriale siamo passati ad uno sport professionistico a tutti gli effetti. È cambiato l’impegno e la fatica perché prima si lavorava e poi ci si doveva allenare, ora si è professionisti e ci si può dedicare totalmente allo sport. Il mondo paralimpico è cambiato a livello mediatico, veniamo riconosciuti di più come atleti anche se bisogna fare ancora molta strada. All’apparenza lo sport paralimpico è ancora rappresentato da pochi atleti paralimpici e invece il movimento paralimpico è composto da una miriade di bravissime persone e bravissimi atleti che riescono a fare delle cose stupende e purtroppo ci si ferma a pubblicizzare solo alcuni di questi atleti, molte volte ce ne sono degli altri molto più bravi ma magari meno mediatici. L’apertura dei corpi militari agli atleti paralimpici e l’apertura delle varie federazioni del CONI alle discipline paralimpiche, questi riconoscimenti hanno cambiato e hanno dato una svolta a livello prestazionale delle gare.”
Quali sono i tuoi prossimi obiettivi sportivi?
“A Parigi ho dato l’addio alle gare con la maglia azzurra però continuo a gareggiare perché mi piace, mi diverte molto e mi fa star bene. Non ho obiettivi particolari in programma però ho in programma di gareggiare per divertirmi. Ecco, non ho degli eventi in particolare ma ho voglia di stare ancora sul campo gara per divertirmi senza avere l’oppressione del risultato e dei numeri.”
Quali valori cerchi di trasmettere ai giovani atleti?
“Ai giovani atleti cerco sempre di trasmettere dei valori importanti come resilienza, coraggio, il migliorare sé stessi e di credere in se stessi perché penso lo sport sia fondamentale come preparatore per la vita, dunque gli atleti quando si approcciano ad una gara devono avere dei valori che poi trasmettono nella vita.”
Cosa significa per te la parola “resilienza”?
“Per me resilienza significa andare oltre, non fermarsi mai e cercare di andare oltre a qualsiasi cosa; difficoltà, ostacoli ed impegno. Questa è la resilienza perché la vita è un continuo ostacolo e una continua prova. Resilienza è quindi è l’affrontare le difficoltà sempre con il sorriso.”
Quanto è importante per te essere un modello per le nuove generazioni?
“Più che un modello vorrei essere uno strumento. La mia vita, i miei aneddoti possano essere uno strumento per le nuove generazioni per superare le loro difficoltà, per vivere al meglio, perché possano carpire qualcosa in modo da trarre il meglio nella loro vita.”
Qual è il messaggio più importante che vuoi trasmettere con la tua storia?
“Il messaggio che vorrei fosse tratto dalla mia storia è quello di non fermarsi mai e di continuare a credere e sognare, porsi obiettivi e non aver paura di affrontare le sfide per raggiungere e realizzare i propri obiettivi. Usare i momenti no come opportunità per crescere e diventare più forti e comunque sia di cercare di vivere a pieno e assaporare i momenti belli perché poi le emozioni belle e le gioie che si hanno nella vita serviranno poi come zucchero nei momenti di difficoltà.”
Cosa ne pensi del quarto posto, come primo dei non vincitori? e della filosofia di QuartoPosto News di voler raccontare tutta la grande bellezza dello sport, oltre il risultato?
“Non penso che il quarto posto sia il primo dei non vincitori, penso sia un quarto posto che può essere una grande vittoria o può essere visto come una sconfitta, dipende sempre da come viene interpretata la gara. Io ho tanti quarti posti, l’ultimo, a Parigi, non lo considero come il primo dei non vincitori ma lo considero come un grande traguardo perché comunque la mia prestazione è stata di grande valore poi ci sono state atlete più brave di me ma io ho fatto tutto il possibile, di più non potevo fare. Si può essere soddisfatti anche di un quarto posto, personalmente queste classificazioni dove se non hai l’oro non sei nessuno le ho sempre abborrite, non mi piacciono e sono cose che fanno male allo sport. Mi piace un sacco l’idea e la filosofia di QuartoPosto News perché è bello raccontare lo sport oltre le vittorie, raccontare i percorsi. I percorsi possono raccontare molte cose e ne possono insegnare altrettante e vale la pena raccontarle. Molto spesso ci si ferma solo a raccontare il podio ma ci si dimentica del percorso che è quello che veramente conta anche perché uno ce la fa e gli altri no e sono proprio questi molti altri che fanno la storia dello sport”.
L’incredibile percorso di Francesca dimostra che la determinazione e la passione possono abbattere qualsiasi barriera. Con il suo talento e la sua forza di volontà, ha riscritto la storia dello sport paralimpico, diventando un simbolo di resilienza e ispirazione per tanti giovani atleti.
Come ci ha raccontato, “lo sport è vita, e finché avrò la possibilità di gareggiare, anche se non più in maglia azzurra, continuerò a dare il massimo”.
Un esempio che va oltre lo sport e che ci insegna a non smettere mai di credere nei nostri sogni.