Ode ai “Giochi della Gioventù”: un ritorno che sa di futuro
di FRANCESCO MAFERA
La primavera prosegue e cambia pelle, da marzo ad Aprile fino ad oggi, giunti ormai all’ingresso del mese di Maggio. E con il trascorrere delle settimane in una tra le stagioni più belle, ecco che ad entrare nel vivo puó essere anche quel progetto che proprio agli albori di questa stagione veniva rilanciato. Stiamo parlando dei famosi Giochi della Gioventù. Una iniziativa, la cui rimembranza ci riporta con la mente ai fasti di un tempo, potendola celebrare per quella che è stata e che si cerca di far tornare ad essere: una festa nazionale costruita quartiere per quartiere, scuola per scuola. Un evento che unisca l’educazione fisica con l’educazione civica, il divertimento con il merito. Un campo di prova per talenti nascosti, ma soprattutto un laboratorio di convivenza. Oggi, dopo anni di oblio, quella manifestazione torna a vivere e prova a crescere. A maturare, come la stagione in atto. Così come il bocciolo dal quale si schiude il fiore.
A guidare la mano del cambiamento è una nuova consapevolezza: lo sport giovanile non può essere solo club e classifiche. Serve anche un luogo dove contino lo spirito di squadra, la rappresentanza scolastica, l’inclusione, e persino il caso – perché no? – che regala un ruolo da protagonista a chi normalmente resta ai margini. I nuovi Giochi della Gioventù vogliono essere questo. E molto di più. Tutto ciò in uno scenario nel quale le regole cambiano, le discipline si aggiornano e si aprono le porte anche a sport non competitivi, all’attività motoria inclusiva, ai percorsi pensati per ragazze e ragazzi con disabilità. Si riparte dalle scuole, quelle che da sempre sono presidio di socialità. Dalle palestre che resistono, dagli insegnanti che credono ancora che un torneo possa insegnare più di una lezione frontale.
Ben vengano, allora, le partite di pallamano improvvisate, le corse nei parchi cittadini, le gare di staffetta dove l’ultimo è atteso e applaudito come il primo. Ben venga la rivalità tra scuole, se è fatta di rispetto. Ben venga quella tensione buona, che ti fa allacciare le scarpe con un nodo più stretto del solito.
Non si tratta di tornare indietro nel tempo, ma di portare nel presente ciò che ha ancora senso. E i Giochi della Gioventù, oggi, hanno un senso più forte che mai. Perché parlano a tutti: a chi pratica sport ogni giorno, a chi non lo ha mai fatto, a chi cerca una seconda possibilità.
Rimane sempre una sfida organizzarli e sarà necessario vigilare perché non diventino vetrina o passerella. Ma intanto, è giusto riconoscerlo: qualcosa si muove. E stavolta non solo per ricordare com’era. Ma per immaginare com’è giusto che sia. Oggi come nel futuro più prossimo.
Perché è questa la sfida più importante da vincere: quella di costruire un futuro radioso, una dimensione “nuova” nel paradosso del suo ritorno alle origini, un qualcosa da andarci a ri-prendere, mattone dopo mattone, punto dopo punto, giocata dopo giocata e dove il vero successo è quello del gioco praticato con passione, del provare piacere per l’agonismo nella competizione, in armonia con gli altri. Spazi di pura condivisione nei quali il sacrificio nobilita a prescindere dal risultato finale. Un luogo che puó esistere ovunque e nel quale il concetto di sport risorge ogni volta più forte di prima, più forte che mai.