“Pensate al fascino dello sport non al sex appeal”, le linee guida del Cio sulla parità di genere
di Marta Mulè
Tra i tanti meriti che possiamo riconoscere allo sport c’è anche quello di insegnare a usare un linguaggio più consapevole e corretto. Negli ultimi anni il Cio si sta battendo per questa causa, tanto da avere pubblicato le “Linee guida sulla rappresentazione nello sport” per gli addetti ai lavori, affinché possano comunicare ciò che avviene in questo settore nel modo più giusto. Dato che lo sport gode di un’attenzione speciale, soprattutto in occasione dei Giochi Olimpici, è importante sapere veicolare certi messaggi anche partendo dalle parole usate per commentare gli atleti e le loro prestazioni.
PREGIUDIZI E STEREOTIPI
Un primo ostacolo da abbattere è quello dei pregiudizi e degli stereotipi di genere: da una parte quando si parla delle atlete si tende spesso a concentrarsi più sugli aspetti personali come il fisico o la vita privata rispetto alle capacità atletiche, dall’altra c’è un gap importante nella copertura dello sport femminile rispetto a quello maschile. E, anche laddove lo sport femminile riuscisse ad avere spazio in televisione, le discipline ritenute “adatte al genere” hanno maggiori probabilità di ricevere spazio: sarà più facile, per esempio, vedere una gara di ginnastica femminile rispetto a una di pugilato femminile. Allo stesso modo sarà più facile assistere a una prova di pugilato maschile rispetto a una di ginnastica maschile perché gli stereotipi riguardano da vicino anche gli uomini, le cui prestazioni tendono a essere “eroicizzate” per esaltare sempre la forza fisica e il coraggio, ma non c’è solo questo.
UN NUOVO INIZIO
A Parigi 2024 il Cio ha voluto raggiungere la parità di genere nel numero dei partecipanti per dare uguale spazio a uomini e donne. La comunicazione avrebbe dovuto seguire questo principio e presentare le storie e i risultati degli atleti indipendentemente dal loro genere, ma non è sempre stato così. Troppi commenti sull’abbigliamento o sul corpo, troppe volte le squadre femminili sono diventate “le ragazze”, troppa attenzione per le relazioni sentimentali a discapito delle prove atletiche, troppe volte abbiamo letto le atlete chiamate solo col loro nome o con l’articolo davanti al cognome. Non andrebbe fatto. Il consiglio del Cio è: «Scambiate il genere della persona di cui state parlando o scrivendo. Se il risultato sembra strano, potrebbe esserci un preconcetto».
Ci sono studi che affermano che mostrare gli atleti in televisione o sui giornali faccia scaturire un senso di emulazione che può diventare molto positivo perché avvicina i giovani alle diverse discipline, ma bisogna farlo correttamente. Chi si mostra è tanto importante quanto il modo in cui lo si mostra, per questo si dovrebbero scegliere accuratamente le immagini e le parole. Il Cio suggerisce: «Pensate al fascino dello sport, non al “sex appeal”».
CHE GENERE DI TV
Tanti di questi obiettivi passano anche da chi decide di organizzare i palinsesti televisivi o i calendari delle competizioni. Ultimamente si cerca sempre più di proporre programmi equilibrati perché troppo spesso capita che gli orari migliori siano scelti per le gare maschili, riducendo così alle atlete la visibilità e l’opportunità di farsi conoscere da una platea più ampia. Di solito, per giustificare queste scelte, si dice che lo sport maschile ha molto più seguito di quello femminile, eppure l’84% dei fruitori dello sport sostiene di essere interessato allo sport femminile. Ma anche se così non fosse, come possiamo pensare che ci sia lo stesso appeal se non vengono date le stesse possibilità ad atlete e atleti di essere rappresentati? Come può essere di ispirazione un’atleta che non viene mai mostrata e quindi difficilmente conosciuta? Per questo è importante esibire e celebrare i percorsi e i risultati con lo stesso rispetto e lo stesso spazio.
IL CASO KHELIF
A Parigi 2024 il caso di Imane Khelif, la pugile algerina vincitrice della medaglia d’oro nel torneo olimpico di pugilato pesi welter femminile, ci ha mostrato tutta l’incapacità della stampa di tutelare e rispettare la persona. Eppure, nelle linee guida del Cio c’è una sezione dedicata anche alla rappresentazione equa, inclusiva e non discriminatoria degli sportivi e delle sportive in cui si specifica: «Non fare mai ipotesi o speculazioni sull’identità, la sessualità o le caratteristiche sessuali di una persona in base al suo aspetto, al suo nome o a qualsiasi altro fattore». Quanto di più lontano da quello a cui abbiamo assistito.
IL FUTURO
Il lavoro da fare è ancora lungo perché lo sport non è altro che lo specchio della società. È necessario garantire l’equilibrio tra i generi nelle rappresentazioni per contribuire a cambiare gli atteggiamenti e il modo di vedere le donne e, quindi, anche le atlete. Lo sport, che di solito anticipa i tempi, può insegnarci come usare un linguaggio rispettoso e come dare vita a una cultura che celebri l’equità e l’inclusione.