“Servono le Quote Verdi per un ricambio generazionale nello sport”, l’appello di Pagliara
di Fabio Pagliara, presidente MSA – Manager Sportivi Associati
Ad Assisi, per le conclusioni all’incontro annuale di Msa, il discorso finale messo in preventivo era un po’ diverso da come è venuto fuori nella realtà. Era basato su due parole chiave per il futuro del ruolo del dirigente sportivo: competenza e dignità (ma promesso che ci torneremo).
Poi sono accadute due cose.
Una telefonata di un autorevole dirigente sportivo che mi diceva, più o meno testualmente, quanto fossi un “giovane brillante” (a sessantuno anni non è male sentirselo dire, però che tristezza); e poi vedere lo sguardo di molti ragazzi (loro davvero giovani), dirigenti sportivi che attendevano le “conclusioni” di una due giorni intensa e interessantissima.
Ecco, lì è apparso chiaro come, probabilmente, il segnale da dare fosse diverso.
É diventato necessario ribadire proprio in quel contesto che il “giovane” dato ad un dirigente sportivo ultra sessantenne, a qualche anno dalla pensione, fosse un problema; oppure quanto fosse indispensabile, nella medesima logica, che Msa (solo per fare un esempio) dovrebbe avere il limite dei due mandati da Presidente, per agevolare il ricambio generazionale, lavorando sulla cultura del “saper lasciare” per dare alle nuove generazioni spazio e responsabilità.
Perché l’autoreferenzialita’ del nostro movimento sta diventando una gabbia (quasi peggio di quella di vetro delle donne), o che rottamare nello sport non ha senso, ma ancora meno senso ha bloccare spazi e cristallizzare il sistema.
É urgente puntare il focus sul fatto che lo sport insegni (a parole) pace e vicinanza, ma poi ogni occasione è buona per dichiarare, e fare, guerre spietate, oppure che occorra insegnare l’arte di fare squadra, salvo poi comportarsi da ultras alla prima occasione utile.
Occorrerebbe avere il coraggio di dire, in una Italia tendenzialmente gerontocratica, che insieme alle “quote rosa” occorrebbero le “quote verdi”, di pari passo, è ovvio, con una selezione meritocratica dei vertici sportivi.
Con un pizzico di autoironia abbiamo rilevato come il rischio serio sia quello di parlarsi e ascoltarsi sempre tra gli stessi “8 amici” (“ho visto lui che bacia lei che bacia lui…”), seppure almeno ci si applauda molto.
Ecco, forse è il momento di recuperare tempo, saggezza, il vero spirito sportivo e cominciare anche a pensare che lo Sport non sia solo resilienza, ma anche cambiamento profondo. Ragioniamo sul fatto che ogni anno master e corsi di specializzazione sfornino oltre mille ragazzi e ragazze alla ricerca di spazi e lavoro. Spieghiamo loro che il dirigente sportivo è oggi anche un piccolo imprenditore di se stesso, ma non chiudiamogli la porta.
Ci allarghiamo la bocca con slogan come “lo sport è inclusione” e poi proviamo a tenerlo chiuso per una ristretta élite che decide tutto e fa incetta di incarichi e posizioni dominanti (e nessuno di noi si senta si escluso). Non dobbiamo creare un esercito di disoccupati, dobbiamo creare, perché ci sono spazi per tutti (giovani e meno giovani) ed un entusiasmo travolgente, una nuova classe dirigente e nuovi mestieri. Lo Sport deve migliorare se stesso per essere davvero strumento per migliorare il paese.
Si può. Insieme. Facendo squadra.