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Economia

“Siamo il paradiso del cicloturismo, il futuro è in bici, ma la politica deve fare la sua parte”

Redazione Quarto Posto
23 Febbraio 2025
  • copiato!

Intervista a Gianluca Santilli, presidente dell’Osservatorio Bikeconomy, partner di Quarto Posto.

di STEFANO RAVAGLIA

Chi scopre la bici nei luoghi di villeggiatura, chi invece è un incallito amante del pedale in modo costante. Abbiamo parlato di bike economy, argomento che racchiude entrambe queste categoria all’interno di una società che si avvale sempre più di mobilità sostenibile, con Gianluca Santilli, presidente dell’Osservatorio Bikeconomy, ovvero l’occhio vigile sui fenomeni che riguardano un settore sempre più in espansione.

Gianluca, quando nasce e di cosa si occupa l’osservatorio Bike Economy?

“Nasce nel 2017 dopo una prima edizione mondiale del Bike Economy Forum. Per dare seguito a questo convegno di grande successo, ma che era durato un giorno, era necessario avere uno strumento che analizzasse queto fenomeno in via continuativa. E’ di fatto un contenitore di competenze ed eccellenze che sotto la loro professionalità analizzano i fenomeni che ruotano intorno all’economia della bicicletta e alla mobilità sostenibile classica, ovvero andare a piedi e in bici”

La differenza a livello economico tra l’Italia e alcuni dei paesi più importanti d’Europa è palese in quanto a fatturato del settore. Una questione di strutture assenti o più di mentalità? O un mix di entrambe le cose?

“Intanto va detto che la bike economy poggia su due gambe: una è la mobilità urbana sostenibile e l’altra è il cicloturismo, la bici che ti fa scoprire i territori. Sono due ambiti che si parlano, io non andavo in bici per Roma perché mi sembrava da folli, poi appena ho provato ho capito che era folle non farlo. Dall’altra parte il cicloturismo, soprattutto in un paese come l’Italia che presenta delle varietà e delle attrazioni turistiche condite da enogastronomia, cultura e arte è una specie di paradiso. Quando come osservatorio iniziammo ad analizzare le prime cifre ci siamo resi conto che c’era una differenza eclatante rispetto ad altri paesi per quanto riguarda gli altri paesi. Nel 2021-22 parliamo di cinque miliardi, diventati poi sette e ora nove. Quando li paragonammo con la fetta totale in Europa, cinquanta miliardi, UE (cinquanta) e la sola Germania, che ne fatturava venti, sembrava un controsenso, perché com’era possibile fare cicloturismo in Germania con meno attrattive e vedere quel paese fatturare quattro volte tanto rispetto all’Italia?”

Sappiamo che a questo punto entrò in gioco il Ministro del Turismo che volle avvalersi della tua collaborazione.

“Il ministro di allora, Garavaglia, mi chiese proprio di capire il motivo di questa differenza. Io gli dissi che dipendeva da una sconoscenza del fenomeno, lui pensava inizialmente che i 50 miliardi europei fossero 5, per dire che anche chi si occupa di temi collaterali è a digiuno di certi tipi di dati e quando li scopre, se non ha pulsioni ideologiche, fa di tutto per confermarli. Mi chiese di coordinare una commissione sul cicloturismo, collegata al Ministero del turismo, ma poi di fatto per le solite problematiche burocratiche questa commissione non si è mai riunita”

Per cui anche la distanza della politica ha influito, come in molti ambiti…

“La politica non ha dato quasi nulla al cicloturismo e nemmeno alle infrastrutture necessarie. Se io ho dei bambini che vogliono andare in bici in Germania ci possono andare anche per merito di strutture sicure, in Italia no”.

E chi invece si è preso più a cuore la situazione?

“Gli imprenditori del turismo hanno invece intuito l’opportunità. In Valtellina per esempio pensavano ruotasse tutto intorno allo sci, e invece poi si sono resi conto che la bicicletta è uno strumento di fatturato importante, prova ne sia che se oggi uno va a Bormio tutti gli alberghi sono bike hotel e i passi alpini come il Gavia, lo Stelvio e il Mortirolo sono pieni di ciclisti. Serve un mix di conoscenza e quindi cultura del fenomeno ma dove è necessario servono assolutamente le infrastrutture e qui va aperta una parentesi…”

Prego.

“Abbiamo circa 60 mila chilometri di strade secondarie, quindi lì non servirebbero infrastrutture, se uno mette a sistema queste strade ci si potrebbe pedalare e le macchine non passerebbero. Via Silente nel Cilento, la ciclovia dei parchi in Calabria, realtà abbastanza sconosciute, mancano anche alberghi, ristoranti attrezzati, servizi, chi fornisce bici con pedalata assistita, eccetera. Cose che invece nei territori che accennavo prima sono assolutamente presenti. Oggi siamo arrivati a 7 milioni di persone che in vacanza usano la bicicletta, la maggior parte di questi, circa 4 milioni, sono quelli che scoprono la bici sui luoghi di vacanza, al contrario del cicloturista puro che parte apposta per andare in bici. Però queste persone devono avere infrastrutture, sapere che percorsi fare e in quali posti andare”

Che scenario possiamo ipotizzare nei prossimi decenni per l’utilizzo della bici?

“Lo sviluppo sarà ineluttabile. Chi prova, gli piace. Gli imprenditori smart investiranno su questo tipo di settore, e se investisse anche il pubblico oltre al privato, tanto meglio, ma anche lì la politica deve capire che quel settore, se aiutato, porta voti, perché purtroppo bisogna essere anche un po’ cinici, spunteranno varie forme di agevolazione. Il mondo sta andando da quella parte, al di là dei momenti di diffusione del green, oggi la gente vuole andare in bici perché vuole fare attività fisica, scoprire i territori e poi c’è quella parte di economia cosiddetta ‘dei capelli bianchi’, ovvero quelle persone che hanno più tempo e più disponibilità economica dei ragazzi e in albergo non se ne stanno in panciolle a leggere un libro, per i quali la bici diventerà una delle attrazioni principali”.

E per quanto riguarda la mobilità sostenibile?

“Stessa cosa. Tutte le grandi metropoli stanno puntando alla mobilità sostenibile, Amsterdam e Copenaghen ormai sono in seconda fila, Parigi supererà i mille km di ciclabili, Londra stessa cosa. Ci sono una serie di metropoli importanti e ci metterei tra poco anche Milano, sicuramente a livello europeo anche Berlino, dove si tocca con mano questa tendenza. Perché è una tendenza che aumenta la qualità della vita dei cittadini, diventa gioco forza consentire al cittadino di vivere bene la città e aiutare questo tipo di mobilità”.

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